parole dell'umano

Eternità

di Stefano Biancu

Dall’eternità dipende la qualità del nostro rapporto col tempo.

Ci troviamo infatti confrontati a due possibilità fondamentali. La prima consiste in un rapporto difensivo col tempo, caratterizzato dal tentativo di tutelarci da un tempo vissuto come nemico: come uno scorrere ineludibile verso la morte e verso la fine del nostro mondo, dei nostri affetti, delle proprie faticose conquiste. Ingaggiamo così una lotta con esso: una lotta tragicamente persa in partenza.

La seconda possibilità è invece fondata sulla rinuncia all’inimicizia. Un rapporto dunque amichevole, per il quale il tempo – quel tempo che noi stessi siamo – è scelto e voluto. È un rapporto che domanda una decisione: una decisione nell’orizzonte del per-sempre.

Si tratta di un paradosso: abitare un tempo finito domanda un impegno infinito, richiede di volere eternamente il tempo. Un rapporto amichevole con il tempo richiede cioè di disporsi nell’orizzonte del per-sempre.

Si tratta di decidersi per il tempo: per questo tempo, con le sue promesse di bene, ma anche con le sue sfide. Soltanto così è possibile fare realmente esperienza del tempo, ritrovando in questo tempo finito la profondità di una dimensione infinita che in esso si annuncia. Solo a chi scelga il tempo, a chi acconsenta ad esso con una decisione infinita, il tempo si rivela amico, sensato e vivibile.

In assenza di una decisione di questo tipo, il tempo sfugge all’uomo, non diventa mai il suo tempo e l’uomo non può che limitarsi ad esserne spettatore: spettatore dello scorrere di ogni cosa verso la sua fine e verso la propria morte. Ogni giorno che passa diviene così una perdita, una possibilità in meno, una piccola morte che avvicina alla grande morte, mentre il tempo si riduce a durata insensata.

Si rendono così chiari i limiti connessi a una cultura che tende a scoraggiare le scelte che impegnano, spesso in nome delle esigenze del mercato. La fabbrica consumistica dei desideri indotti ci incoraggia infatti a desiderare molto, senza però volere mai niente (G. Angelini).

E tuttavia, in mancanza di una decisione per-sempre, il rischio è di risultare sempre inevitabilmente assenti quando il tempo è presente (A.J. Heschel). Ovvero di non saper mai cogliere le opportunità – le promesse e le sfide – che ogni tempo reca con sé. Di non riuscire dunque mai – secondo la bella espressione di Michel de Montaigne – a vivere “a proposito”.

Per abitare il nostro tempo finito abbiamo bisogno di collocarci nella dimensione del per-sempre: dell’eternità.

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