ragioni dell'umano

La teologia per l’unità dei saperi e l’integralità dell’uomo

a cura di fr. Marco Salvioli

La ricerca e l’insegnamento in qualsiasi ambito disciplinare pongono sempre in qualche misura degli interrogativi sull’uomo. L’uomo in quanto soggetto e oggetto delle scienze. L’indagine scientifica porta infatti di frequente a interrogarsi sull’identità della persona umana come oggetto della ricerca: sulle sue caratteristiche essenziali, sui traguardi normativi per essa auspicabili. E, al tempo stesso, porta a interrogarsi su di sé in quanto uomini che fanno e trasmettono la scienza: sul modo in cui si comprende il rapporto fra “chi si è” come persone e “il modo in cui si conduce” la propria pratica pubblica di ricerca e insegnamento.

A questo livello, fra lo sviluppo delle conoscenze scientifiche e il riemergere continuo della questione antropologica, si affacciano contemporaneamente il problema della frammentazione dei saperi e la questione della fede religiosa. In entrambi i casi si pone infatti la domanda circa il senso dell’oggetto specifico della propria conoscenza in relazione alla comprensione complessiva di sé e degli altri come persone umane.

La separazione e la specializzazione dei saperi ha portato progressivamente a pesanti forme di riduzionismo che operano implicitamente all’interno della lettura che le singole scienze danno dell’uomo come soggetto e come oggetto del proprio specifico sapere. Non è un caso che il ricercatore credente, in particolare quando ha l’opportunità di collaborare con altri che condividono con lui una certa visione dell’uomo e del lavoro scientifico, si accorga con chiarezza dei riduzionismi e delle modellizzazioni fuorvianti che caratterizzano il proprio ambito di indagine.

A fronte della frammentazione dei saperi e del riduzionismo tecnico-scientista, occorre dunque evidenziare le ragioni della necessità di un sapere che serva integralmente l’umano. Per quanto tale questione si ponga in modo del tutto peculiare per l’uomo di fede, questa battaglia per l’umanesimo si pone su un registro che non è necessariamente teologico né confessionale, ma che può interessare ogni istituzione di ricerca in quanto tale. La questione della pluralità dei saperi, infatti, è complessivamente una questione antropologica e deve essere precisata in prima battuta su quel fronte: riguarda la convinzione che esista una verità che attiene l’integralità dell’uomo, certo sempre da precisare, che fonda la sua aspirazione a conoscere la verità e che a sé riconduce ogni sapere per il conseguimento della propria realizzazione.

Il teologo può contribuire allo sviluppo della riflessione comune in questa direzione. Infatti la teologia come scienza critica ordinata a una credenza che di sua natura riguarda proprio l’integralità dell’umano (psichica, corporea, affettiva, religiosa, storica, strutturalmente libera e relazionale), si siede al tavolo dei saperi critici come sapere di pari dignità, portatore di una sensibilità qualificata per l’unitarietà antropologica di cui sa rendere ragione. Il suo oggetto specifico – la fede cristiana – è credenza che opera strutturalmente a favore di un umanesimo integrale e che è fondatamente curiosa dei conseguimenti di tutte le altre forme di sapere. La scienza teologica attesta che il sapere della fede cristiana ha un’indole razionale compatibile con le istanze dell’indagine critica e che, quindi, la sua aspirazione all’integrazione dei saperi sollecita la valutazione critica.

Occorre promuovere un nuovo umanesimo che abbia i tratti appena evidenziati, un umanesimo che non rappresenti né un ripiegamento “difensivo”, né la semplice la ripetizione di categorie concettuali del passato che oggi richiedono di essere rilette nello scenario globale e contemporaneo. Per portare avanti questo compito, oggi più che mai sembra pertinente volgersi nella direzione di Dio per riscoprirsi “desiderio di Dio” (Henri de Lubac), aspirando a liberare l’umanità da molteplici asservimenti idolatrici, portati a coscienza dall’efficacia conoscitiva della fede che libera la ragione. La relazione con Dio che ci ha creato dal nulla sostiene, e non mortifica, l’originalità di ogni sapere.

Intorno a questi ambiti di interesse si può sviluppare un genuino lavoro interdisciplinare che ambisca alla possibilità dell’unione dei saperi intorno ad una comune istanza di ricerca della verità. A muovere il dialogo interdisciplinare dev’essere la passione per l’umano tutto ‘intero’; una passione illuminata dalla fede (“Cristo rivela l’uomo all’uomo”) e arricchita criticamente dal confronto col sapere teologico. Una passione che è per sua natura aperta al dialogo con chiunque: abbiamo infatti in comune con tutti l’esperienza di essere umani.

Questo contributo costituisce la sintesi della riflessione elaborata nell’ambito della libera Iniziativa d’Ateneo per la cultura dell’Università Cattolica del Sacro Cuore sul tema “Nuove generazioni e integrazione dei saperi: quale umanesimo?” dal gruppo coordinato da Fr. Marco Salvioli O.P. e composto da Mario Aletti, don Renzo Beghini, Simona Beretta, Alessandro Ghisalberti, Anna Passoni Dell’Acqua, Clemente Lanzetti, don Pierluigi Lia, don Raffaele Maiolini, don Amilcare Manara, don Mario Manzoni, Guido Merzoni, Paolo Monti, Alessio Persic, Marco Rizzi, mons. Claudio Stercal e Beniamino Stumpo.


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