parole dell'umano

Parola

di Sr. M. Provvidenza Raimondo

Dal latino: parabŏla similitudine; dal greco: paraballo metto a lato.

La parola è il più piccolo frammento della comunicazione, un significante che porta un significato, un’astrazione simbolica che “nasce accanto” all’oggetto o all’azione che rappresenta. Concretamente è costituita da un suono o da un carattere tracciato su un supporto. È un’unità universale, presente in ogni lingua umana formalizzata.

Prima di tutto, però, la parola è dono di Dio all’essere umano. Fin dalla creazione Dio ha dotato l’uomo della parola che lo distingue da tutti gli altri esseri viventi. «Le parole non le inventiamo: le possiamo usare perché le abbiamo ricevute. È in famiglia che si impara a parlare nella “lingua materna” cioè nella lingua dei nostri antenati (cf 2 Mac 7,25.27) … possiamo dare perché abbiamo ricevuto, e questo circuito virtuoso sta al cuore della capacità della famiglia di comunicarsi e di comunicare … è il paradigma di ogni comunicazione» (Papa Francesco, messaggio per la XLIX Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2015).

Come dai frutti si riconosce l’albero, così dalle parole si riconosce cosa portiamo nel cuore perché, come ci insegna Gesù nel Vangelo, «la bocca parla dalla pienezza del cuore» (Mt 12,34). Le nostre parole dicono se nel nostro cuore abita la Parola, cioè se vi è la presenza di Gesù Cristo, il Verbo eterno del Padre divenuto uomo per amore (cf Gv 1,14).

Per essere significative le parole, soprattutto quelle importanti, vanno usate con moderazione: una “inflazione di parole” ne fa scadere la forza incisiva. Le parole autentiche, quelle capaci di dare energia, coraggio, quelle che aiutano a guarire le ferite, la pesantezza del cuore, la solitudine, lo sconforto – e che, di conseguenza, migliorano le relazioni e la comprensione del mondo e della storia – nascono dal silenzio, dall’interiorità, dall’intimo, come la Parola eterna del Padre: «Mentre il silenzio fasciava la terra e la notte era a metà del suo corso, tu sei disceso o Verbo di Dio, in solitudine e più alto silenzio» (David Maria Turoldo; cf Sap 18,14s).

Si dice “verba volant” eppure le nostre parole non sono mai indifferenti: lasciano sempre un segno, hanno sempre un effetto positivo o negativo nelle relazioni; aiutano a costruire la pace oppure seminano discordia, sollevano e aprono alla speranza oppure feriscono e umiliano … . La sapienza biblica ci insegna che è importante vigilare sulle nostre parole: «Poni, Signore, una custodia alla mia bocca, sorveglia la porta delle mie labbra» (Sal 140,3). Vigilare sulle parole o evangelizzare le parole può essere terapeutico, perché una parola buona e detta bene corregge la mentalità di chi la dice e di chi ascolta. «Il problema non è solo parlare: un “dialoghismo” superficiale non porta a un vero incontro della mente e del cuore» (Papa Francesco).


 

 

 

 

Sr. M. Provvidenza Raimondo, Pia Discepola del Divin Maestro

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