parole dell'umano

Tristezza

di Carlo De Marchi

Tieni lontana la profonda tristezza, perché la tristezza ha rovinato molti e in essa non c’è alcun vantaggio (Sir 30, 21-23).

Ognuno ha esperienza di giornate tristi, nella quali non riesco a superare una certa pesantezza interiore che inquina ogni stato d’animo e intralcia le relazioni. Esiste qualche trucco per superare il malumore e recuperare il sorriso? San Tommaso d’Aquino propone cinque rimedi di sorprendente efficacia contro la tristezza.

Il primo rimedio è un qualsiasi piacere. È come se il teologo di sette secoli fa avesse intuito l’idea oggi assai diffusa che il cioccolato sia antidepressivo. Può sembrare una visione materialista, ma è evidente che una giornata carica di amarezze recupera parecchi punti grazie a una birra. Che questo sia un materialismo incompatibile con il Vangelo è tutto da dimostrare: sappiamo che il Signore ha partecipato con piacere a pranzi e banchetti, prima e dopo la risurrezione e ha apprezzato tante cose belle della vita. Anche un Salmo afferma che il vino allieta il cuore dell’uomo (ma forse conviene precisare che la Bibbia condanna chiaramente l’ubriachezza).

Il secondo rimedio proposto da san Tommaso è il pianto. Spesso un momento di malinconia è più duro se non si riesce a trovare uno sfogo, ed è come se l’amarezza si accumulasse fino a rendere difficile fare alcunché. Il pianto è un linguaggio, un modo di esprimere e di sciogliere il nodo di un dolore che a volte risulta soffocante. Anche Gesù ha pianto. E Papa Francesco osserva che “certe realtà della vita si vedono soltanto con gli occhi puliti dalle lacrime. Invito ciascuno di voi a domandarsi: io ho imparato a piangere?”.

Il terzo rimedio è la compassione degli amici. Viene in mente l’amico di Renzo che, verso la fine dei Promessi sposi, gli racconta le gravi sventure che hanno colpito la sua famiglia, in una grande casa resa disabitata dalla peste: “Son cose brutte, disse l’amico, cose che non si sarebbe mai creduto di vedere; cose da levarvi l’allegria per tutta la vita; ma però, a parlarne tra amici, è un sollievo”. Provare per credere: quando ci si sente un po’ giù e si tende a vedere tutto grigio, è molto efficace fare un gesto di apertura nei confronti di qualche amico o conoscente. A volte basta un messaggio, una breve telefonata anche solo per raccontare o ascoltare un amico e il panorama si rischiara.

Il quarto rimedio contro la tristezza è la contemplazione della verità, del fulgor veritatis di cui parla sant’Agostino. Contemplare lo splendore delle cose, la natura, un’opera d’arte, ascoltare musica, sorprendersi per la bellezza di un paesaggio può essere un efficacissimo balsamo contro la tristezza. È il commento di un critico letterario che, pochi giorni dopo aver vissuto un grave lutto, era stato invitato a tenere una conferenza sul tema dell’avventura in Tolkien: “Parlare di cose belle di fronte a persone interessate è stato un vero sollievo”.

Il quinto rimedio proposto da san Tommaso è quello che forse meno ci si aspetterebbe da un maestro medioevale. Il teologo afferma infatti che un ottimo rimedio contro la tristezza è dormire e fare un bagno. Ma l’efficacia del consiglio è evidente. È profondamente cristiano intendere che per rimediare un male spirituale sia utile un sollievo corporale. Da quando Dio si è fatto Uomo, e ha assunto cioè un corpo, in tutto il mondo materiale è stata superata la separazione tra materia e spirito.

Un pregiudizio diffuso, invece, è che la visione cristiana dell’uomo si basi sull’opposizione tra anima e corpo, dove quest’ultimo sarebbe sempre visto come un fardello o un ostacolo per la “vita spirituale”. In realtà l’umanesimo cristiano considera che la persona (anima e corpo) viene interamente “spiritualizzata” quando cerca l’unione con Dio. Per dirla con san Paolo esiste un corpo animale e un corpo spirituale, e noi non moriremo, ma tutti saremo trasformati, perché è necessario che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità.

“Nessuno consideri una stranezza consigliare di prendere come guida un medico del corpo in una malattia spirituale”, afferma san Thomas More, in quella che sembra una parafrasi dell’insegnamento del suo omonimo medioevale: “dal momento che corpo e anima sono talmente stretti e uniti insieme che tutt’e due fanno una sola persona, la distensione di uno dei due genera talvolta la distensione di ambedue. Perciò, come consiglierei a ciascuno, in qualsiasi malattia del corpo, di confessarsi e di cercare da un buon medico spirituale la salute sicura della sua anima, così talvolta io esorto a prendersi in certe malattie dell’anima, oltre al medico spirituale, il consiglio del medico del corpo”.

Anche attraverso questi cinque rimedi si realizza la promessa umana e divina di Gesù: Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.


Don Carlo De Marchi è vicario dell’Opus Dei per l’Italia Centro-Sud.

3 Commenti a “Tristezza”

  1. laura serantoni
    il

    Mio marito è morto improvvisamente per un infarto-così dicono i medici e a distanza di un anno non trovo pace.Condivido quello che lei ha scritto, ma quello che è difficile da suoerare è la solitudine anche se hai persone intorno. manca è una parola, un saluto, una spalla su cui piangere, una persona con cui andare al cinema. Io constato la solitudine di tante vedove ma non ci si aiuta. La gente pensa che si soffre qualche giorno e poi “bisogna rassegnarsi”…come sarebbe bello avere dei condomini vivi: il vicino che ti suona e ti augurua buon giorno perché sai che vivo solo, qualcuno della caritas che ti chiama ogni tanto…..creare delle comunità vive

  2. Golfieri Anna MAria
    il

    Commento al commento di Laura Serantoni

    Radicando in Cristo e sviluppando al massimo quella vocazione alla fraternità che coinvolge tutti e tutte, qualunque sia il loro stato di vita (sacerdoti, consacrati, laici sposati e non) la Chiesa può “fare miracoli contro la tristezza” esprimendo nella ferialità quotidiana il suo essere familgia di famiglie e famiglia per chi non ha famiglia!

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