parole dell'umano

Vulnerabilità

di Alessandro Zaccuri

Il tallone di Achille è molto più di un dettaglio di cui il mito si serve per giungere a compimento. Anche perché quello dell’eroe greco non è il solo corpo invulnerabile di cui l’Iliade ci dia notizia. L’altro è, specularmente, appartiene al suo avversario, il troiano Ettore, che ottiene un analogo statuto di inviolabilità dopo essere stato ucciso dallo stesso Achille. Il vincitore vorrebbe celebrare il trionfo mediante lo spregio del vinto, ma una volontà invisibile gli si oppone. Legato al carro, trascinato nella polvere, il corpo di Ettore non si lascia consumare. La soluzione è nota: la missione notturna di Priamo, la cavalleresca accoglienza concessagli da Achille, la riconsegna del corpo di Ettore al padre, la celebrazione dei funerali.

Come ogni grande storia, però, anche questa va al di là della trama: l’invulnerabile, che porta nascosta nel suo corpo la spina della morte, si scontra con un’altra forma di intangibilità, che solo la morte può attribuire e che, agli occhi del credente, assume il valore di un’inconsapevole profezia della seconda nascita, della gloria che tutti ci attende nella risurrezione. Solo chi è ferito si salva, ed essere vulnerabili non è un limite, ma il segreto più profondo della nostra condizione di creature. Che l’uomo di oggi cerchi di negarlo in ogni modo è un’altra faccenda, alla quale accennava, tra gli altri, Furio Colombo in un libro di ormai molti anni fa, La città profonda. Le metropoli americane si stanno popolando di statue che raffigurano anonimi passanti in scala reale, osservava, monumenti in bronzo all’impiegato che corre con la sua valigetta o alla madre che accompagna i bambini a scuola. Si teme per il proprio corpo e per questo lo si affida all’illusoria fissità dell’arte. “Conoscerti mi ha reso umile”, scriveva Wystan Hugh Auden in Lettera per una ferita. Le stimmate che Francesco riceve sulla Verna, il dono della lacrime che la Scrittura esorta a invocare: sono la conferma di questo destino, il tallone benedetto della nostra umanità.

In apertura: Franz von Matsch. Il trionfo di Achille, Achilleion di Corfù

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