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Annunciare, intervento di Vincenzo Morgante

Il giornalista Morgante: credibili e convinti per essere testimoni di verità

«Spesso mi immagino e mi chiedo cosa avrei scritto, come avrei reagito come giornalista se fossi vissuto duemila anni fa. Di fronte ad una Presenza così eccezionale come quella di Cristo o l’avrei trattato come un pazzo, oppure carico di stupore avrei provato a capire “chi è costui?”, cioè la domanda che si sono fatti gli apostoli e che, in fondo, dovremmo farci ogni giorno, noi giornalisti, di fronte a qualsiasi fatto siamo chiamati a raccontare». Così Vincenzo Morgante, direttore della Testata giornalista regionale della Rai, ha spiegato cosa significa a suo parere annunciare oggi. In una società in cui «crediamo di sapere già tutto», e in cui si ragiona per schemi e schieramenti, come aprirsi a senso del mistero? Spesso, ha sottolineato Morgante, bastano gli insegnamenti della propria vita. «Ma per annunciare questa novità occorre una irrinunciabile condizione di partenza: il silenzio». E invece? Invece, «siamo bombardati dai rumori, dalle voci, dalle grida che portano confusione. Il silenzio – ha proseguito – è ciò che ci consente di prestare totale attenzione di mente e di cuore ad un soggetto, ad un tema, ad un pensiero, ad una parola, nel nostro caso al Verbo». Altra condizione fondamentale per accogliere il mistero e, poi, per raccontarlo, la testimonianza di vita. Occorre essere credibili perché coinvolti, perché appassionati. «Non professionisti dell’annuncio: freddi, distaccati, stanchi, poco motivati, tiepidamente convinti e scarsamente penetrati di spirito evangelico». È questo l’entusiasmo che serve per rivolgersi agli uomini e alle donne del proprio tempo. «Innanzitutto – ha detto ancora Morgante – ai più poveri, agli emarginati, agli esclusi, ai sofferenti. Agli uomini e alle donne delle periferie. Agli uomini e alle donne nella concretezza della loro vita per un umanesimo davvero umano e autenticamente cristiano, senza inseguire mode». Uomini e donne coraggiosi che percorrono i sentieri della loro esistenza nei diversi ambiti: famiglia, lavoro, politica, economia, scienza, arte e che rispondendo alla loro vocazione testimoniano e annunciano verità e Verità. «Il tutto – ha fatto notare – necessita una grande attenzione per la formazione. Essa riguarda presbiteri e laici chiamati ad annunciare in una società sempre più multiculturale, multireligiosa e digitalizzata». E, in questa prospettiva, come deve sentirsi coinvolto un giornalista? «Cerco di parlare di tutti i fatti, evitando l’informazione-spettacolo, quella ansiogena e cercando di raccontare la realtà nei suoi diversi aspetti, senza trascurare quelli positivi anche se so che forse faranno meno audience. Non dobbiamo avere paura. La Buona Notizia c’è. Annunciarla è un dovere? Riceverla un diritto».

da Avvenire, 11 novembre 2015

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