ragioni dell'umano

I luoghi domestici del trasfigurare

di Andrea Grillo

Proviamo a considerare brevemente tre “luoghi domestici” nei quali i tempi e le azioni si intrecciano e si fondono diventando “cultura del sé” e quindi anche “attenzione all’altro”. Passiamoli brevemente in rassegna come una sorta di “topologia del trasfigurare”. Noterà immediatamente, il lettore, che i “tre luoghi” non hanno tutti la medesima tradizione. La Chiesa ha parlato molto di sé e di Dio con il linguaggio della tavola e del talamo. Molto più recente è la tradizione della “toilette”, che manca di una “fortuna critica”. Ma non sono poche le sorprese che anche questo “luogo domestico” può riservare. Neanche Tommaso lo aveva dimenticato, sia pure in una letture diversa, con la quale si può anche dissentire: “inter naturales actus sola generatio ad bonum commune ordinatur: nam comestio, et aliarum superfluitatum emissio, ad individuum pertinent” (Contra Gentiles, III, 123). Potremmo dire che “talamo” equivale a “generatio”, “tavola” a “comestio” e “toilette” a “emissio”. Che comestio ed emissio riguardino semplicemente l’individuo appare una affermazione discutibile. Cerco di mostrare come anche al “mangiare” e al “liberarsi del superfluo” corrispondano esperienze preziose di comunione.

La tavola e la vita donata

La prima “trasfigurazione” sta nel “pasto comune”. In esso si intrecciano i tempi e le azioni degli uomini. Da un lato, infatti, in ogni pasto la sintesi tra diritto al mangiare e dovere di guadagnarselo si incontra con una ulteriorità donata, che viene custodita dalla gratuità dell’atto. Per questo in ogni pasto facciamo memoria del “dono” da cui siamo costituiti. Per questo ogni pasto è, nello stesso tempo, luogo di “iniziazione alla vita”, di “guarigione dalla sofferenza” e di “servizio al prossimo”. Vi è una “arte del mangiare insieme” che è così radicata nella cultura italiana e che merita di non essere smarrita. La tradizione ecclesiale “fa memoria del Signore” con la condivisione del “pane di vita” e del “calice della salvezza”. In qualche modo resta fedele ad un atto profondamente umano proprio nell’atto più profondo della trasfigurazione. Ma mangiare insieme è più che mangiare: è sempre anche “ascolto”, “crescita”, “consolazione”, “accordo”, “progetto”, “amicizia”…

Il talamo e l’abbandono all’altro

Il secondo luogo che consideriamo è il talamo, non solo come momento della “comunione corporea”, ma anche come “sonno comune”, come “discorso al buio” o come “contatto consolante”. Il letto è simbolo di “tempo perso”: saper perdere tempo per dormire delimita l’arroganza di un umano solo produttore e predispone al gusto del festivo. Ma il letto, pur configurandosi tradizionalmente come “spazio coniugale per l’esercizio dello ius in corpus”, è segnato dalla coscienza che a letto i diritti, più che essere esercitati, sono lasciati, abbandonati, riconsiderati, trasfigurati. Il letto trasfigura i nostri diritti e i nostri doveri, sia perché ci fa incontrare dall’altro nel modo più intimo, sia perché ci fa tornare indietro, ad una identità più semplice, liberandoci dal pensiero, e dalla sensibilità, facendoci tornare da animale a vegetale, e da vegetale a minerale. Fino a “dormire come una pietra”. Assistere all’altro che “ritorna pietra” è il miracolo del “sonno comune”, che non è tipico della vita familiare. In questo sonno si è iniziati alla umanità, si è guariti dalle crisi e si è posti al servizio dell’altro.

La toilette e la cura dell’altro

Il trasfigurare, nella esperienza immediata del luogo domestico, è anche affidato al delicato equilibrio tra cura di sé e bisogno dell’altro. In ogni famiglia il singolo sta in un “passaggio di generazioni” che prevede – almeno in alcune fasi della esistenza – che il servizio altrui sostituisca e guarisca il limite dell’individuo “non autosufficiente”. Così accade a tutti i bambini, almeno per il primo anno di vita; così accade talvolta ai molto anziani, negli ultimi tempi della vita. Il nostro mondo ha inventato toilette come “luoghi di clausura”. Ma vi è una comunione – iniziale e finale – che costruisce esperienza pienamente umana. L’umano ha bisogno di fare memoria del fatto che la autosufficienza non è originaria. Anzitutto nella toilette. Che diventa così possibile luogo simbolico di una esistenza trasfigurata, ossia capace di “vedere il bene che viene”, di scoprire, sotto la trama dei diritti e dei doveri, la sporgenza promettente di doni gratuiti.


grilloAndrea Grillo (Savona 1961) insegna dal 1994 Teologia dei sacramenti e Filosofia della Religione a Roma, presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo e Liturgia a Padova, presso l’Abbazia di Santa Giustina. È padre di Margherita e di Giovanni Battista. È autore del blog Come se non.


Fonte: Munera. Rivista europea di cultura

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