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Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC)

Educare alla speranza

AIMC - Associazione Italiana Maestri Cattolici

In questi ultimi anni, la scuola ha vissuto una perdita di valore sociale che si è evidenziata soprattutto in una serie di problematiche: non essere al passo con le reali attese dei bambini e dei ragazzi del nuovo millennio, la mancanza di dialogo, in termini di alleanza costruttiva con le famiglie, una valutazione mediatica del tutto sfavorevole.

Nel Documento congressuale riferito al XX Congresso nazionale della nostra Associazione si afferma:

“Non si può, però, prescindere da una riflessione generale sulla complessità sociale in cui anche la scuola è immersa e di cui risente; infatti, la società, con le sue contraddizioni e le sue ricchezze, entra in classe attraverso ciò che i bambini, i ragazzi e i giovani vivono. Il suo disorientamento non è molto diverso da quello della famiglia, della comunità cristiana o di altre agenzie educative che sembrano rimpiangere il passato nel tentativo di tornare a modelli di vita propri di altre stagioni della cultura del nostro paese, ma non più proponibili ed efficaci allo stato attuale.

Serpeggia un certo ritorno al nozionismo, alla trasmissione di contenuti, che gli alunni sentono lontani dalla loro vita e dai loro interessi, nonché inefficaci in ordine al compito di aiutarli a crescere in senso generale. Inoltre i processi riformatori, che via via si sono susseguiti, hanno restituito all’opinione pubblica e agli stessi addetti ai lavori l’immagine di una scuola utile, funzionale al “lavoro” più che alla crescita della persona, alla sua educazione globale e ad un orientamento alla vita.

Le Istituzioni scolastiche sono anche alle prese con l’aumento di comportamenti preoccupanti da parte dei ragazzi e si è tentati a pensare che, irrigidendosi in atteggiamenti sanzionatori o disciplinari, sia possibile dare una risposta efficace a comportamenti che sono segnali di malessere e mancanza di riferimenti autorevoli. Se la scuola, con tali atteggiamenti, si distanzia dai ragazzi nel momento in cui chiedono, seppur impropriamente ed implicitamente di essere ascoltati e presi in considerazione, rischia di affrontare malamente e con scarso successo una situazione inedita.

Anche la vastità della crisi economica con pesanti ripercussioni sulla spesa pubblica, di cui l’istruzione è una voce importante, sta compromettendo la qualità della scuola a causa di pesanti tagli, nonostante le promesse della politica che, di fatto, non ha ancora avuto il coraggio di scelte forti a favore di investimenti prioritari per l’istruzione”.

All’interno di questo scenario, si nota in una parte di docenti rassegnazione e un certo adattamento ad una situazione professionale caratterizzata da demotivazione. Anche i genitori appaiono sempre più disorientati di fronte ad un impoverimento dell’offerta formativa causato, soprattutto, da mancanza di fondi adeguati a favore delle istituzioni scolastiche. Inoltre, si è ancora distanti dall’effettiva realizzazione di un Sistema pubblico integrato, ove convivano scuole statali e paritarie e garantendo ai genitori la libertà di scelta.

Risulta importante, come cattolici, impegnarsi per il bene comune, per una scuola che torni ad essere “res pubblica”, in collaborazione tra autonomie locali e scuole autonome, avendo maggiori certezze sulla dotazione di risorse finanziarie per organizzare al meglio il Piano dell’offerta formativa.

Leggiamo negli Orientamenti pastorali per questo decennio che: “La scuola si trova oggi ad affrontare una sfida molto complessa, che riguarda la sua stessa identità e i suoi obiettivi. Essa, infatti, ha il compito di trasmettere il patrimonio culturale elaborato nel passato, aiutare a leggere il presente, far acquisire le competenze per costruire il futuro, concorrere, mediante lo studio e la formazione di una coscienza critica, alla formazione del cittadino e alla crescita del senso del bene comune. La forte domanda di conoscenze e di capacità professionali e i rapidi cambiamenti economici e produttivi inducono spesso a promuovere un sistema efficiente più nel dare istruzioni sul “come fare” che sul senso delle scelte di vita e sul “chi essere” (da Educare alla vita buona del Vangelo, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, n°46).

“Varie sono le sfide dell’oggi. Sono sfide che non devono far paura, ma che esigono l’arte del discernere, la competenza nell’operare, la saggezza della riflessività, il nutrimento della Parola, l’aiuto del Signore e la cooperazione con i fratelli che condividono le stesse scelte. Il tal senso l’adesione ad associazioni professionali di educatori cattolici è quanto mai opportuna. Essa è, infatti, fecondo e operoso spazio di crescita umana, spirituale e professionale, ambiente di scambi professionali e di comune progettualità. Sarebbe auspicabile che in ogni nazione, con l’adeguato e significativo sostegno delle Conferenze Episcopali, sorgessero delle associazioni di dirigenti e docenti cattolici che operano sia nelle scuole cattoliche sia in altri tipi di scuola. Sarebbe un ottimo servizio per la comunità ecclesiale e per le stesse comunità scolastiche, nonché per ogni educatore” (da L’insegnante cattolico nella scuola pubblica di G. Perrone, Segretario generale di WUCT-UMEC, già Presidente Aimc regione Sicilia).

Dobbiamo quindi investire di più, come Paese, sui saperi, sulla conoscenza, garantendo pari opportunità di apprendimento e di educazione. Come Associazione di insegnanti cattolici avvertiamo le notevoli difficoltà del momento, ma occorre tener viva la passione di educare e sostenere tutti quei docenti che stanno perdendo la speranza in una scuola per la persona. La speranza fa parte del DNA del cristiano, di ogni credente. Una speranza che affonda le sue radici nel credere in Gesù Cristo, dove ogni persona può ritrovare il senso e il significato del proprio agire.

“Siamo chiamati a sentirci pienamente dentro le problematiche della vita quotidiana e professionale, fatta di incontri, speranze, problemi, gioie, angosce, e siamo chiamati a farlo secondo i principi cristiani, cioè secondo l’ispirazione del Vangelo; più profondamente: siamo chiamati a farlo sentendoci in compagnia di Gesù Cristo. Questo significa vivere a fondo la vocazione laicale, che ci fa scorgere i segni della presenza di Dio attorno a noi (ad es. nei bambini e ragazzi che incontriamo a scuola, ma anche nella famiglia e in tutte le altre esperienze). Il quotidiano è luogo di testimonianza del Vangelo, ma è anche sorgente per la nostra spiritualità, perché Dio ci viene incontro a partire dall’altro, spesso a partire dal più debole e dal più povero… Se siamo davvero aperti e fedeli a raccogliere i richiami di umanità, di crescita vera, di vero incontro e accompagnamento educativo, questo ci apre a Dio, ci fa sentire addirittura collaboratori suoi, animatori, con Lui, delle realtà temporali perché queste assumano un volto davvero umano e possano quindi rinviare al Creatore e al Redentore” (Padre Salvatore Currò – Assistente nazionale Aimc).

È necessario tornare ad una visione antropologica che riscopra il primato dell’uomo come creatura che nella sua umanità racchiude una dimensione spirituale perchè fatti a immagine e somiglianza di Dio. Il male che oggi travolge l’uomo è la negazione della sua sacralità; eliminando l’esigenza di Dio, l’uomo si pone come signore della storia. Occorre riposizionare al centro dell’agire professionale la persona, come essere libero e responsabile, sociale, aperto alla trascendenza, soggetto, fondamento e fine del vivere sociale, come ci ricorda la Dottrina sociale della Chiesa e la carità per consentire la realizzazione di una società solidale. Nei POF delle scuole dovrebbe essere presente l’istanza educativa come impegno urgente che riguarda l’integralità della persona, già più volte richiamata da Papa Benedetto XVI e dai Vescovi negli Orientamenti pastorali di questo decennio. In tale ottica, tematiche cruciali, quali autonomia scolastica, formazione iniziale e reclutamento dei docenti, valutazione e merito, dovrebbero diventare parte di un progetto di governance scolastica, che ponga l’attenzione sui reali bisogni educativi e formativi degli alunni, valorizzando le buone pratiche esistenti nella nostra Scuola e nel nostro Paese.

Come credenti, dobbiamo riprendere coraggio con una risposta personale a quella che è la propria vocazione, la propria chiamata. Cosa posso fare io nella scuola oggi, passando da spettatore a protagonista di una nuova azione educativa, purificata e rinnovata? Diversamente anche noi cattolici avremo tradito le nuove generazioni, quei giovani ai quali nessuno può negare la speranza del futuro.

Ma cosa può offrire l’Aimc in risposta a questo tempo così incerto?

“Siamo ad una svolta che desta sicuramente qualche preoccupazione, ma che richiede di non perdersi d’animo. Occorre rivisitare e riqualificare la visione di un’appartenenza associativa come forma originaria di soggettività creativa tra cittadini che, a partire dalla loro professione, per libera iniziativa e senso di responsabilità, si costituiscono come vera comunità di persone. In quanto corpo associato, l’AIMC è inserita in una rete di rapporti ed é protesa a rendere possibile un’effettiva crescita nell’ambito della società verso i significati dell’amicizia civile e della fraternità (dal Documento programmatico del XX Congresso nazionale AIMC). Il fine proprio dell’AIMC è universale perché riguarda il bene comune che si caratterizza nella propria capacità di progetto, nel mobilitarsi ad esprimere i propri orientamenti, nel far fronte ai bisogni professionali ed educativo-sociali, nel difendere interessi legittimi. Per questo l’Associazione, come attività volontaria e cooperativa, si pone come ambito adeguato per il compimento del pieno sviluppo della persona nelle sue dimensioni umana, professionale e sociale, diventando così fonte di arricchimento della vita democratica del Paese.

Nell’ambito della vita ecclesiale, l’Associazione AIMC e i singoli aderenti partecipano per propria vocazione alla missione della Chiesa mediante il dialogo e la testimonianza in favore della valorizzazione della persona umana e a tutela della sua dignità. L’impegno apostolico nell’ambito sociale e professionale, proprio dell’Associazione, trova nella Dottrina Sociale della Chiesa un  importante riferimento per la formazione e la crescita personale e comune.

Il nostro tempo richiede un’intesa attività educativa attraverso l’impegno da parte di tutti nella ricerca della verità  per perseguire lo sviluppo integrale della persona umana nell’intelligenza, nella volontà e nella coscienza. Nella professione docente e dirigente, la vocazione di servizio alla persona la si realizza attraverso la cultura, i saperi e i contesti relazionali come fonti di umanizzazione che non solo assicurino il superamento di ogni ostacolo, ma garantiscano anche un effettivo esercizio di libertà di accesso all’educazione scolastica. Tutto ciò per evitare ogni forma di monopolio o di controllo ideologico, al fine di aiutare i giovani ad agire autonomamente per affrontare con maggior consapevolezza i cambiamenti del contesto economico e sociale” (dal Documento programmatico del XX Congresso nazionale AIMC).

“L’educatore cattolico è attento alla dimensione etica dell’insegnare. Sa bene che ogni disciplina, ogni didattica, ogni relazione, ogni forma organizzativa ha una dimensione etica, che “non è soltanto etica della giustizia o della sopravvivenza, ma un’etica del bene, dove per bene si intende la piena realizzazione di tutte le capacità dell’uomo, la sua fioritura completa, la sua pienezza (fulfilment). Ciò naturalmente implica una disponibilità alla trasformazione dell’esistente, un impegno politico a favore dell’emancipazione (non solo della conservazione), una certa dose di ottimismo ed anche di utopia (senza la quale non si fa la storia)… La buona gestione dell’utopia sta a cuore a Papa Francesco. “Saper gestire l’utopia, ossia saper guidare  e aiutare a crescere l’utopia di un giovane, è una ricchezza. Un giovane senza utopia è un vecchio precoce …. Un’utopia cresce bene se è accompagnata da memoria e discernimento. L’utopia guarda al futuro, la memoria guarda al passato, e il presente si discerne. Il giovane deve ricevere la memoria e piantare, radicare la sua utopia in quella memoria; discernere nel presente la sua utopia – i segni dei tempi – e allora l’utopia va avanti, ma radicata nella memoria e nella storia che ha ricevuto, e già proiettata verso il futuro. Allora l’emergenza educativa ha già un alveo per muoversi e partire da ciò che è più proprio dei giovani,  cioè l’utopia” (da L’insegnante cattolico nella scuola pubblica, cit.).

La definizione di utopia, riferita al nostro contesto, non è certo fuga dalla realtà o desiderio onirico, piuttosto è coraggio di andare oltre, è progetto che guarda al futuro del nostro Paese con occhi ricolmi di speranza, nonostante l’attuale scenario di incertezza e difficoltà.

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