esperienze

Familiari del clero

Il dono della vocazione

Associazione Familiari del Clero

L’Associazione Nazionale Familiari del Clero nasce ufficialmente nel 1982 con l’approvazione dello Statuto da parte della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana. Statuto rivisto e nuovamente approvato nella sessione di settembre 1999 dal Consiglio Episcopale Permanente.

Le esperienze associative in diverse Regioni d’Italia risalgono però a tempi più lontani. Esperienze fondate su ideali, valori, spiritualità, testimonianze di vita  che  hanno permesso all’Associazione di essere apprezzata e riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa Italiana.

Mons. Giovanni Strazzacappa (1907-1963) zelante sacerdote padovano, è considerato il Padre ispiratore e fondatore. Egli si preoccupò della formazione spirituale dei sacerdoti, ma anche della loro vita domestica. A questo scopo diede vita ad organismi con lo specifico carisma di formare quelle persone, in quell’epoca soprattutto donne, che vivevano e operavano accanto e per il sacerdote. A lui si aggiunsero altre figure di sacerdoti e ferventi familiari, anche di altre città e regioni italiane, che nei decenni successivi alla sua morte, vennero concordemente alla decisione di costituire l’Associazione Nazionale Familiari del Clero. 

Campo di intervento

Come suggerito dalla vostra scheda riteniamo di poter considerare il nostro servizio  come valorizzazione dei luoghi di vita e come sostegno all’unità della persona.

L’Associazione è impegnata nel cammino di fedeltà, prima di tutto, alla vocazione di Familiari del Clero come servizio ad  un’altra vocazione: quella presbiterale, per edificare la Chiesa con il volto di famiglia.

I Familiari si impegnano a testimoniare l’amore per la vocazione sacerdotale, l’amore a che il prete viva la sua vocazione come un dono grande per la Chiesa e la eserciti impiegando le sue migliori energie nel curare le relazioni con le persone, perché la Chiesa assuma il volto di una famiglia.

Poiché il prete è chiamato a tessere comunione, ha bisogno di sperimentare comunione.

È per questo che i  nuovi modelli di Familiari del Clero mettono al centro la relazione del Familiare-Collaboratore col prete,  e non prima di tutto il fare.

Accanto al rapporto di fraternità presbiterale, che il prete sperimenta con i confratelli preti e con il Vescovo, i Familiari del Clero permettono al prete di sperimentare un clima di famiglia nella quotidianità della sua vita e del suo ministero; quel clima di famiglia che lo dispone ad essere strumento di comunione dentro la comunità.

In questa nuova prospettiva compito dell’Associazione e di ogni Familiare è far sentire e far sperimentare nelle comunità che la relazione e la collaborazione corresponsabile tra Familiare e prete sono un bene per il prete,  per i laici che le  esercitano e, quindi, per la Chiesa.

Soggetti coinvolti

I familiari, con legame di sangue dei preti (genitori, sorelle, fratelli, parenti) e quelle persone, in grande maggioranza donne, che per scelta o perché vivono nella comunità parrocchiale, si dedicano alla collaborazione col sacerdote o Vescovi, nella vita domestica e/o del ministero.

Soggetti destinatari, finalità, strumenti

I destinatari sono i sacerdoti o comunità (seminari) di religiosi.

Finalità: offrire un aiuto all’ unità della persona, un aiuto a consentire l’esperienza di comunione, di un contesto di famiglia.

Strumenti: attraverso un servizio umile vissuto nella discrezione, che ha il modello in Maria la quale ha vissuto accanto a Gesù condividendo il suo cammino di obbedienza al Padre. A volte tale servizio si realizza in condivisione di vita, il più delle volte offrendo una presenza non continua ma sempre attenta ai bisogni espressi o inespressi del prete.

Frutti

Maggiore consapevolezza da parte della comunità cristiana a farsi carico della vita quotidiana e delle diverse mansioni del sacerdote.

Difficoltà e criticità incontrate

Difficoltà a trovare il prete consapevole di avere bisogno di ‘fare’ famiglia con i collaboratori più vicini e più ‘quotidiani’.

Difficoltà a trovare nel prete il desiderio di dare ai collaboratori una formazione specifica perché l’aiuto che trova in essi non si limiti ad un fare delle cose, ma esprima una comunione, una condivisione della missione della Chiesa.

Da parte della comunità cristiana non sempre c’è una sufficiente sensibilità a riconoscere le necessità umane del prete e quindi l’impegno per darvi risposte adeguate.

Proposte per superare il nodo problematico

Da parte dei Familiari serve maggiore coraggio, cioè lasciarsi plasmare ogni giorno dallo Spirito Santo per accogliere la chiamata del Signore ad essere accanto al prete con la preghiera, la testimonianza, il servizio, affinchè il suo ministero esprima fede profonda, obbedienza al progetto che Dio ha su di lui e solida maturità umana.

Chiediamo umilmente ai Vescovi vicinanza ai preti, attenzione alle loro condizioni di vita quotidiana.

Riflessioni conclusive e prospettive

L’esperienza suggerisce che le collaborazioni dirette al ministero del prete, per reggere proficuamente nel tempo, hanno bisogno di essere accompagnate da una formazione che punti a maturare nei collaboratori coinvolti, una molteplicità di attenzioni e atteggiamenti che sono frutto di matura coscienza ecclesiale, di riconoscimento del ruolo presbiterale, di uno stile evangelico di servizio, delle doti umane e cristiane necessarie. Inoltre è utile coltivare in loro e in modo permanente le motivazioni, prevedere momenti di verifica personale e comunitaria e, infine, offrire momenti di interscambio di esperienze con coloro che condividono gli stessi compiti dentro altre comunità parrocchiali.

A tale scopo l’Associazione si impegna ad offrire ai suoi Membri un cammino formativo specifico con attività a livello diocesano, regionale e nazionale (convegni, corsi, rivista mensile).

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