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Lucca

Ridefinire l’umanesimo

Dal CNAL Lucca

L’esigenza di un nuovo umanesimo ormai interpella tutti, sia i credenti che i non credenti. Ha infatti motivazioni profonde che attingono la loro origine nella condizione in cui si dibatte l’uomo contemporaneo indipendentemente da ogni distinzione di cultura, di religione e di classe sociale. Viviamo in un tempo segnato inesorabilmente dalla differenza, dove si sono aperte per l’uomo infinite possibilità che, mentre ne esaltano la libertà di coscienza e la potenza della volontà, al tempo stesso introducono elementi tragici nella sua esistenza, perché lo espongono al rischio di non « riuscire ad essere all’altezza di una realtà di questo tipo».

Un nuovo umanesimo cristianamente ispirato può prendere le mosse, innanzitutto, come forma di discernimento a proposito della profonda crisi di identità in cui l’uomo si dibatte, come una sorta di disincanto nei confronti del mondo e al tempo stesso, come uno sforzo rivolto a inventare una diversa condizione umana. Non va peraltro dimenticato che il mondo in cui viviamo, per quanto difficile, non ci è stato imposto, ma noi stessi abbiamo contribuito a generarlo. Non possiamo pertanto abbandonarci all’indifferenza o alla disperazione, ma dobbiamo reagire con un sussulto di coscienza verso noi stessi e verso gli altri, se vogliamo tornare a guardare al futuro con fiducia e speranza.

Per costruire questo nuovo umanesimo i credenti dovranno accettare le sfide della cultura contemporanea, in un contesto pluralistico, e mostrarsi capaci di confrontarsi, con atteggiamento di dialogo ma senza rinunciare ai valori permanenti della grande tradizione dell’umanesimo cristiano, con altre visioni dell’uomo emergenti nell’attuale contesto socio-culturale, in particolare per quanto riguarda la concezione della sessualità e della famiglia. Ciò implica la capacità di trascendere gli aspetti caduchi di modelli socioculturali ormai difficilmente riproponibili, ed al tempo stesso di non accettare acriticamente, ma di rimettere in discussione gli aspetti non condivisibili di talune concezioni emergenti della sessualità e del “genere” e di ripresentare con un linguaggio aggiornato i valori della concezione cristiana dell’amore e della famiglia. Questo confronto culturale dovrà essere condotto con la necessaria franchezza ed al tempo stesso con atteggiamento rispettoso, evitando di tradurre automaticamente, in termini integralistici, la “differenza” cristiana in una rigida contrapposizione ideologica e politica.

Un nuovo umanesimo cristianamente ispirato si può ri-costruire, in una visione cristiana dell’educazione, col formare persone che vogliono riconciliarsi e che abbiano i riferimenti necessari per saper convivere. Come ricorda S. Paolo, dobbiamo usare «parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano» (Ef 4,29), tenendo presente che la capacità di amare è più che non fare il male: è una virtù morale da conquistare per saper stabilire rapporti di amicizia autentica con le persone, anche in prospettiva religiosa ed ecclesiale. Dobbiamo, dunque, recuperare parole comprensibili e gesti simbolici che favoriscano l’educazione e la formazione di atteggiamenti e qualità morali che sono il presupposto per una vita buona e felice. A questo ci incoraggia anche Papa Francesco, che nel suo magistero quotidiano offre parole e gesti di sapore antico, ma che abbiamo bisogno di sentire e vedere sempre se vogliamo che crescano «amore e cortesia là dove i cuor son fatti sì malvagi» (Dante, Purgatorio, XIV, 110-111).

Un nuovo umanesimo cristianamente ispirato si concretizza, inoltre, in atti rivolti a «umanizzare la città» e i suoi ambienti di vita. Non presume infatti di arrestare le innovazioni che si preannunciano con le conquiste della scienze e della tecnica, ma di accompagnare la rivoluzione antropologica che comportano, in modo da orientarla in direzione dell’uomo, di metterla al servizio della sua dignità. Si ripromette di instaurare un nuovo rapporto tra economia e società, finalizzato non già a perseguire la crescita per se stessa, ma a tener conto, da un lato, della progressiva scarsità delle risorse naturali e, dall’altro, dell’esigenza di una distribuzione dei beni più equa ed equilibrata. Rivendica la necessità di inventare nuove strategie che facciano giustizia delle differenze sociali e trovino soluzioni politiche in grado di coinvolgere tutti gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti, nella ricerca della pace.

Un nuovo umanesimo cristianamente ispirato che coinvolga la Chiesa in “stato di missione”. È questo il senso che viene oggi assegnato all’istanza di un nuovo slancio della testimonianza e della missione cristiana, che si raccoglie intorno al compito di contrastare la grande depressione nichilista dell’umanesimo del nostro tempo. Ciò comporta l’attitudine a pensare un cristianesimo “in uscita” dalla pura conferma di sé medesimo, un rinnovamento pastorale che sollecita la trasformazione del linguaggio e delle pratiche. Crediamo sia significativo focalizzare l’attenzione e la riflessione, nel prossimo Convegno ecclesiale di Firenze 2015, su alcuni «ambiti o luoghi»: sono proposti come ulteriore concentrazione e approfondimento del «metodo» già proposto come istruttivo nel precedente Convegno ecclesiale di Verona 2006. Essa rileva l’esperienza della Grazia e dell’amore del Padre, e la condizione umana, colta nella sua dimensione universale e insieme quotidiana, in cui si può immediatamente rilevare la qualità dell’umanesimo condiviso dei cristiani:

  1. Affetti e legami
  2. Lavoro e festa
  3. Povertà e fragilità
  4. Religioni e culture
  5. Ministerialità e missionarietà

L’incontro con uno sguardo pieno su Gesù Cristo, che cancelli l’inferno in cui vivo, che dia significato al mio vivere, alle mie fatiche, alle mie gioie, che riponga l’accento sull’essenziale ci può avvicinare all’altro. 

Riteniamo, infine, che nel prossimo Convegno ecclesiale sia dato ampio risalto, oltre che a una elaborazione di idee o “sviluppi teologici”, anche a “esperienze pastorali e spirituali” tenendo conto della dimensione diocesana, alla presentazione di “testimoni d’umanità” con una particolare attenzione a giovani, famiglie e laici associati, e a “racconti di missione” per conoscere e confrontarsi con gli altri umanesimi globali.

Un umanesimo “nuovo” non è né una chimera né una realtà perseguibile in una sola generazione. Le pagine della storia insegnano a ridimensionare eventuali attese immediate. Però è sempre la lezione della storia a sorreggere questo grande progetto in cui le istituzioni e gli organismi ecclesiali, le parrocchie e le associazioni ricoprono un ruolo strategico perché unico. In questa linea di azione si potrà parlare di un nuovo umanesimo come di un “pensiero collegiale” frutto di tante fonti, anche e soprattutto laicali, e capace di espandersi nel tempo più che nello spazio; un “pensare insieme” e un “condividere insieme” che permetta ai credenti di essere persone umane credibili nei confronti del pluralismo religioso e culturale dell’Italia contemporanea.

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