esperienze

Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani (MASCI)

Credere ed educare

MASCI - Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani

Il MASCI – Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani è un movimento laicale diffuso su tutto il territorio nazionale. Consta di 6.000 membri (paganti) ed è composto sia da singoli che da coppie di adulti. L’età media è intorno 55-60 anni con tendenza all’abbassamento. Il MASCI normalmente si appoggia alle parrocchie ed i suoi membri sono impegnati in attività religiose e soprattutto di volontariato. Non tutti provengono dallo scoutismo cattolico, ma il metodo (l’educazione permanente) e lo spirito è quello che sta alla base del più grande movimento giovanile cattolico in Italia. Il MASCI spesso supporta le attività dell’AGESCI (180.000 membri paganti) e dell’FSE (15.000 membri) entrambi esplicitamente cattolici.

Quindi il MASCI ha una posizione privilegiata nel percepire a livello nazionale il problema della formazione umana e religiosa delle nuove generazioni e sostenere quelle più anziane in ambito ecclesiale.

Sintetizziamo le risposte ricevute dalla direzione nazionale del movimento, attraverso una consultazione capillare delle 350 Comunità locali e delle 20 Regioni in cui il movimento è strutturato.

Per semplificare il lavoro del Comitato Preparatorio di Firenze 2015 seguiamo le indicazioni date recentemente sul sito chiesacattolica.it: “ Qualche spunto per il lavoro diocesano alla luce dell’Invito”.

Premettiamo però esplicitamente che dalle risposte elaborate emerge chiaramente che le tre aree problematiche proposte rispondono realmente all’esperienza dei membri del movimento: Nuovi e vecchi percorsi di incontro con Cristo, Difficoltà di credere ed educare, Luoghi dell’esperienza di fede. 

Proposte

La prima area riguarda le forme e i percorsi di incontro con Cristo. Vi sono in atto esperienze significative di rinnovamento dell’iniziazione cristiana? Di formazione cristiana dei preadolescenti e dei giovani? Di primo annuncio? Di rievangelizzazione? Di spiritualità? Di carità?

  1. È emerso chiaramente la necessità di maggior coinvolgimento dei laici nella “gestione” dei “percorsi di incontro con Cristo”. La nostra esperienza fraterna all’interno delle Comunità scout può essere una proposta di come vivere questo incontro con Lui nella vita quotidiana. Per fare questo è necessario da parte dei laici stessi di rifarsi alle indicazioni del Concilio Vaticano II, specialmente alla Costituzione Gaudium et Spes che delinea i compiti dei membri del Popolo di Dio. Il loro contributo nel mondo della politica, della cultura, dell’educazione, è essenziale per una presenza incisiva ed efficace della Chiesa nel mondo attuale.
  1. La prima proposta (tipica degli scout) è quella di impegnare maggiormente i laici negli ambiti succitati all’interno delle strutture ecclesiali che potremmo definire organizzative, materiali, strutturali. Si libererebbero già così i parroci per un maggior loro impegno più strettamente legato alla diffusione e al sostegno della Fede. Questo richiama esplicitamente la nascita dei diaconi nell’Epoca Apostolica.
  1. La seconda proposta è quella di adottare nell’educazione religiosa giovanile delle parrocchie il metodo scout, nel senso di seguire la triade: Creato, Prossimo, Fede. Si tratta quindi di proporre la fede in una Comunità educatrice che non trascura il “mondo”, formato di creato e di persone, per prolungare poi questa esperienza solidale nella proposta di fede esplicita. Se l’offerta di Firenze 2015 è quella di un nuovo umanesimo cristiano, gli Scout Adulti ritengono di poter contribuire seriamente con questo percorso, che non vuole però essere esclusivo di altri metodi bensì solo indicativo di un metodo di successo.
  1. Gli Scout Adulti ritengono anche che l’essere “missionari di frontiera”, cioè l’impegnarsi nell’aiutare gli ultimi in ogni ambito sociale, sia una forte ‘testimonianza di speranza’. In questo richiamano la Comunità cristiana primitiva dove la attrazione evangelizzatrice era soprattutto creata dall’esempio di solidarietà dei membri della chiesa stessa, sia all’interno che all’esterno della loro comunità di fede.
  1. Attraverso un’esperienza locale particolare, si mette anche in rilievo che i laici impegnati, soprattutto in coppia, possono svolgere un serio aiuto di supporto alle difficoltà personali delle persone consacrate, clero e religiose. La maturità umana di tali persone a volte non è adeguata al grave carico di responsabilità che loro si accolla. Un aiuto, umano ed anche specialistico, da parte della Comunità ecclesiale (cioè soprattutto di laici) è altamente auspicabile. Sarebbe notevole se i Vescovi e i Superiori religiosi dichiarassero apertamente utile questa collaborazione alla formazione umana dei presbiteri e dei religiosi.
  1. Per ravvivare l’“incontro con Cristo” le Comunità locali hanno bisogno di una più chiara formulazione dell’attitudine della Chiesa nei riguardi della coppie comunque irregolari (divorziati risposati, separati, conviventi, coppie gay ecc.). Questo riguarda l’Eucarestia ma anche l’atteggiamento da prendere nel quotidiano di fronte a tali condizioni oggi molto diffuse. L’attuale situazione di ‘comprensione’ non può essere che il primo passo verso la formulazione di orientamenti più chiari.
  1. È necessario che la Comunità cristiana condanni la corruzione, ma soprattutto che si allontani da modelli di comportamento che hanno gettato discredito nei confronti della Chiesa e dei sacerdoti. Papa Francesco ripete che ‘siamo tutti peccatori’; Gesù ha anche detto alla adultera: “Va e non peccare più”. Anche Papa Benedetto era ben conscio di questa esigenza. Dobbiamo passare all’azione, se vogliamo cogliere l’insegnamento del detto diffuso in Germania: “Io non ho grandi problemi con Dio: è il personale di terra che mi fa problema”. Evidentemente con l’espressione ‘personale di terra’ sono intesi tutti i cristiani, a cominciare dai preti e dai religiosi.
  1. Molte Comunità locali sottolineano fortemente la necessità sia a livello parrocchiale che diocesano di forme di coordinamento, o almeno di scambi di esperienze, tra movimenti laicali cattolici. Ci sono molte sovrapposizioni, molta ignoranza reciproca e spreco di energie.
  1. Un’ultima cosa, ma estremamente importante. Sia a livello locale, che diocesano, che nazionale le Consulte dei Movimenti non sono realmente funzionanti. Spesso vengono sollecitate solo quando si tratta di inviare i propri soci a manifestazioni religiose varie. Se si vuole che il laicato si senta responsabile nella Chiesa e della Chiesa, è necessario che venga coinvolto nelle decisioni di Chiesa, che gli si permetta di essere propositivo, che non sia relegato al ruolo di comparsa.

La seconda area riguarda le difficoltà di credere e di educare. Vi sono esperienze significative di ascolto delle attuali difficoltà di credere? Delle attuali difficoltà di coniugare fede e cultura? Vi sono esperienze significative di accompagnamento nell’esercizio delle responsabilità educative, specie nelle nuove situazioni di fragilità familiare?

  1. Dalla lettura attenta dei “racconti raccontati” delle nostre Comunità, si evince una grande difficoltà a credere veramente con tutto ciò che ne consegue (mancanza di: serietà e costanza nell’impegno, testimonianza fedele e affidabile, lavoro duro e tenace…). Ma tali difficoltà ci sono sempre state; prima i giovani venivano forse irreggimentati in una religione tradizionale e tradizionalista, che, ieri come oggi, finisce per rendere i ragazzi e le ragazze  poco spontanei, allontanandoli dalla Chiesa in maniera repentina e inattesa. Sono tempi veramente strani: da un lato c’è la ricerca enfatica di un Dio “tuttofare” che deve intervenire per risolvere le malattie, gli affari andati male, gli amori naufragati, i figli che non studiano, la mancanza di lavoro… di contro il rifiuto totale della sua esistenza, il rinnegamento della sua grandezza, del suo amore infinito in nome di una cultura relativista che tutto concepisce e quindi tutto permette, che è impossibile coniugare con la religione.
  1. I giovani abbandonano la pratica religiosa parrocchiale dopo la cresima, seguendo un uso diffuso tra gli adolescenti. Si propone di sviluppare ulteriormente la pratica religiosa all’interno di gruppi giovanili che facciano apparire la stessa come pratica accettabile e non discriminante (ad es. gruppi scout cattolici o di altro tipo). Siccome i ragazzi si sentono “diversi” se praticanti singoli, nell’associazionismo si fa leva sul gruppo per far sentire “protetti” i singoli e farli partecipare con naturalezza alla vita della Chiesa e alle celebrazioni religiose.
  1. Si sottolinea la necessità della catechesi (non tanto “il catechismo parrocchiale” nel senso tradizionale) come forma di acculturazione religiosa fin dalla più tenera età (5-6 anni). Il luogo previlegiato di tale introduzione alla fede sono la famiglia e le piccole comunità.
  1. Per non pochi credenti l’attuale “eccesso di pluralismo” anche in campo religioso è un ostacolo sia al credere che all’educare. Si rischia di disperdere i valori della propria fede: è “un arma a doppio taglio” positiva per un verso ma negativa per l’altro. Aiuta l’attuale attitudine di Papa Francesco di mantenere i valori tradizionali umani e cristiani ma contemporaneamente a non usarli come una clava da combattimento. Ciò comunque non eviterà la sofferenza di dover ripensare le proprie certezze religiose, senza dover rinunciare a niente di sostanziale.

La terza area riguarda la mappa dei luoghi in cui avviene l’esperienza della fede. In quali ambienti (parrocchia, scuola, famiglia, mondo culturale e sportivo, ambienti digitali…), si stanno elaborando esperienze nuove e significative?

  1. Da più parti viene sottolineata la necessità sia dell’ecumenismo ma ancor più del dialogo interreligioso. La realtà sociale italiana lo esige ed i credenti più impegnati si sentono sollecitati in tal senso. È un metodo anche per ripensare la propria fede e per stabilire rapporti tra “credenti” che abbiano anche una possibile rilevanza pubblica.
  1. Questo presenza pubblica della religione/delle religioni richiama anche la costatazione che oggi in Italia sono pochi i cristiani impegnati in quanto tali alla costruzione della polis. È forse un segno di chiusura individualistica. La vita delle nostre piccole Comunità scout è quella di un luogo di solidarietà vissuta e sperimentata.
  1. Comunque le diversissime esperienze di volontariato sociale nelle quali sono presenti molti cristiani (gli scout e Adulti Scout in modo particolare) sono luoghi di “esperienza di fede”. Di fede nell’uomo che è il nostro prossimo, ma anche della visione cristiana di uomo, e quindi di Dio.

Nel volontariato sono presenti molte motivazioni, intrecciate spesso tra di loro, ma l’aiuto solidale al prossimo è un forte incentivo ad uscire dal proprio egoismo narcisistico e predispone all’apertura all’amore di Dio. La pre-evangelizzazione materiale del ’68 (prima diamogli da mangiare!) è in realtà un passo esplicito verso Dio, perchè è un atto di amore. Perchè dargli da mangiare? Perchè lui è come me e perchè (io lo credo e tu?) c’è un Padre comune sopra di noi.

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