esperienze

Pescara - Penne

Cittadella “Giovanni Paolo II”

Mensa e centro d'accoglienza

Narrazione di esperienze positive

Collaborazione fattiva fra i diversi uffici diocesani in vista della comunione e cooperazione pastorale

Questa esperienza positiva è partita dalla necessità di collaborare per unire le forze. Abbiamo iniziato a incontrarci e ci siamo accorti che non bastava unire le iniziative; era necessario guardare nella stessa direzione, condividere cioè degli obiettivi. Pian piano abbiamo compreso che la pastorale va impostata in comunione, distinguendo i momenti di formazione – che si attuano nelle singole parrocchie – dagli eventi diocesani. Da questa collaborazione sono nati i sussidi pastorali del percorso annuale diocesano, pubblicato ogni quattro mesi. da questa collaborazione è nata poi l’esigenza per noi presbiteri di pregare insieme e condividere la vita di fede; maggiore conoscenza vuol dire maggiore condivisione e quindi maggiore comunione con un lavoro più sereno e più proficuo. lo scorso 10 maggio c’è stato il primo incontro di preghiera comunitaria con il pranzo fraterno.

Esperienza Caritas

Una bella esperienza di umanesimo vissuto ci è data dalla Cittadella dell’accoglienza “Giovanni Paolo II”, mensa e centro di prima e seconda accoglienza per quanti si trovano in situazioni di povertà. Già nella costruzione della struttura c’è stata una bella collaborazione ecclesiale con la partecipazione di vari gruppi alla realizzazione grazie alla Consulta diocesana della carità. Ad oggi, nella quotidianità della struttura, si vivono momenti di animazione liturgica nella cappella affidati alle varie opere e strutture della Caritas, al movimento Pro Sanctitate, all’Associazione di volontari Cuore Caritas e ai gruppi di volontari delle parrocchie. La struttura ospita anche momenti di formazione per ragazzi e giovani che vengono incontrati nelle ore di religione Anche alla mensa le attività, cucina e servizio, vengono portate avanti da gruppi di volontari parrocchiali, associazioni, gruppi famiglia, e tutti i movimenti ecclesiali. La prossimità con i poveri offre ai giovani e ai volontari in genere, di incontrare quell’umanità dolente e sofferente che li interroga sul loro essere uomini.

Indicazioni di un nodo problematico

Esperienza Caritas

Un nodo problematico di dispersione di energie lo riscontriamo nel prendere ad esempio il modello nazionale della divisione di alcune tematiche trasversali in diversi uffici pastorali. In diocesi medio-piccole, come la nostra, venga sollecitata dagli uffici nazionali: alla Promozione Mondialità in Caritas, all’ufficio Missionario, alla Pastorale sociale e del lavoro. Probabilmente, in questi casi, sarebbe utile avere una maggiore chiarificazione e/o collaborazione a livello nazionale per non trovarsi in difficoltà a livello diocesano.

Sacerdozio comune dei fedeli e sacerdozio ministeriale

Per promuovere il nuovo umanesimo è utile approfondire e mettere in pratica la visione ecclesiologica del Concilio Vaticano II, quasi fosse una “ri-scoperta”, e in particolare:

  1. ri-portare all’attenzione e rendere attuale il sacerdozio comune dei fedeli (e tutto il secondo capitolo della Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Vaticano II, dedicato al popolo di Dio)[1]. Fare in modo che i laici prendano consapevolezza di questa loro chiamata e responsabilità;
  2. non solo definire dottrinalmente[2], ma anche vivere praticamente e pastoralmente il rapporto tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale (andando oltre l’espressione conciliare piuttosto “teorico” della differenza di essenza e non solo di grado)[3]. Riflettere, pregare, scambiare insieme ai laici su questa “collaborazione”.

Il laico non è un buon cristiano perché è impegnato nella parrocchia, ma perché vive il suo sacerdozio nei vari ambiti della sua vita (Lumen gentium 34); i sacramenti sono espressione di e funzionale alla (“segno e strumento”) realizzazione piena e al sostegno del sacerdozio comune nella Chiesa e nella società. Non sono quindi fine in se stessi, punti di arrivo (soprattutto nell’agire pastorale).

Questo sacerdozio comune, sostenuto dal sacerdozio ministeriale, può contribuire al nuovo umanesimo (la cura di orientare le cose temporali o “del mondo” a Dio è compito specifico del laico).

Vie attivate per il superamento delle difficoltà

Incontrarsi tra presbiteri; condividere momenti di preghiera e ritiri spirituali (ritiro di marzo; ritiri del clero di più giorni previsti a novembre…):

Il Vescovo ha interpretato l’esigenza di pregare insieme destinando il ritiro del clero della quaresima alla sola preghiera e meditazione, chiamando un predicatore e proponendo momenti di adorazione, preghiera silenziosa e corale. Nel prossimo autunno sono previsti esercizi spirituali a turno per tutti i presbiteri.

Affermare, elaborare, diffondere, spiegare, vivere la categoria del Regno di Dio

Riconoscere che il Regno di Dio è già in mezzo a noi, vedere dove il Regno si sta già realizzando, confermare ciò che lo Spirito suscita nel popolo di Dio (non solo o forse non tanto elaborale “piani pastorali” dall’alto), discernere i segni dei tempi (non solo e forse non tanto fare sociologia, ma un discernimento evangelico – cfr. Evangelii gaudium 50[4]).

Dio agisce nella storia in modo inatteso, inaspettato e creativo attraverso le persone e le situazioni più disparate: apprendere a vedere questo nuovo umanesimo nell’ottica dell’azione di Dio nella storia. Aiutare ed educare anche i laici a vedere la loro personale esistenza in quest’ottica, fornendogli degli strumenti di discernimento e un linguaggio per esprimersi e condividere “il vangelo che succede anche oggi”.

Presbiteri e movimenti

È necessario uno sforzo di una maggiore reciprocità tra presbiteri e movimenti, per arrivare ad un discernimento comune sulla realtà e sulla vita ecclesiale.

Il mondo post-moderno caratterizzato da molte derive ha bisogno di questa sinfonia per affrontare in modo costruttivo le sfide sociali, morali,spirituali ecc.della società con risorse ed energie nuove.

Nella prospettiva di una “Chiesa in uscita” è necessario, inoltre, che tutte le forze si uniscano nel comune compito dell’ Evangelizzazione e servizio del Vangelo.

Secondo quanto afferma il card. J. Ratzinger, i movimenti possono offrire un’esperienza gioiosa della fede e testimoniare quello spirito di familiarità indispensabile nella nostra società di massa.

(“I movimenti, la Chiesa, il mondo. Dialogo con il card. J Ratzinger”).

 


[1] Lumen gentium 10: “Cristo Signore, pontefice assunto di mezzo agli uomini (cfr. Eb 5,1-5), fece del nuovo popolo « un regno e sacerdoti per il Dio e il Padre suo » (Ap 1,6; cfr. 5,9-10). Infatti per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le attività del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di colui, che dalle tenebre li chiamò all’ammirabile sua luce (cfr. 1 Pt 2,4-10). Tutti quindi i discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera e lodando insieme Dio (cfr. At 2,42-47), offrano se stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio (cfr. Rm 12,1), rendano dovunque testimonianza di Cristo e, a chi la richieda, rendano ragione della speranza che è in essi di una vita eterna (cfr. 1 Pt 3,15) Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo. Il sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio, concorrono all’offerta dell’Eucaristia, ed esercitano il loro sacerdozio col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l’abnegazione e la carità operosa”.

[1]Lumen gentium 34: “Il sommo ed eterno sacerdote Gesù Cristo, volendo continuare la sua testimonianza e il suo ministero anche attraverso i laici, li vivifica col suo Spirito e incessantemente li spinge ad ogni opera buona e perfetta.

[1]A coloro infatti che intimamente congiunge alla sua vita e alla sua missione, concede anche di aver parte al suo ufficio sacerdotale per esercitare un culto spirituale, in vista della glorificazione di Dio e della salvezza degli uomini. Perciò i laici, essendo dedicati a Cristo e consacrati dallo Spirito Santo, sono in modo mirabile chiamati e istruiti per produrre frutti dello Spirito sempre più abbondanti. Tutte infatti le loro attività, preghiere e iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e anche le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano offerte spirituali gradite a Dio attraverso Gesù Cristo (cfr. 1 Pt 2,5); nella celebrazione dell’eucaristia sono in tutta pietà presentate al Padre insieme all’oblazione del Corpo del Signore. Così anche i laici, in quanto adoratori dovunque santamente operanti, consacrano a Dio il mondo stesso”.

[2] Vedi l’articolo di Luciano Pascucci, “Anno sacerdotale: Il sacerdozio comune dei fedeli”, in Roma Sette 20 ottobre 2009, http://www.romasette.it/modules/news/article.php?storyid=5255

[3] Evangelii gaudium 33: “La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale”.

[4] Evangelii gaudium 50: “Prima di parlare di alcune questioni fondamentali relative all’azione evangelizzatrice, conviene ricordare brevemente qual è il contesto nel quale ci tocca vivere ed operare. Oggi si suole parlare di un “eccesso diagnostico”, che non sempre è accompagnato da proposte risolutive e realmente applicabili. D’altra parte, neppure ci servirebbe uno sguardo puramente sociologico, che abbia la pretesa di abbracciare tutta la realtà con la sua metodologia in una maniera solo ipoteticamente neutra ed asettica. Ciò che intendo offrire va piuttosto nella linea di un discernimento evangelico. È lo sguardo del discepolo missionario che «si nutre della luce e della forza dello Spirito Santo»”. La stessa espressione viene ripresa al n. 14 a proposito della predicazione: “[…] Dunque, la preparazione della predicazione si trasforma in un esercizio di discernimento evangelico, nel quale si cerca di riconoscere – alla luce dello Spirito – quell’ «“appello”, che Dio fa risuonare nella stessa situazione storica: anche in essa e attraverso di essa Dio chiama il credente»”.

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