esperienze

Piacenza - Bobbio

La locanda dello spirito

Monastero benedettino di San Raimondo

“I monasteri sono oasi in cui Dio parla all’umanità” ha dichiarato Benedetto XVI in una catechesi dedicata alla preghiera. Se un monastero è nel cuore di una città, dovrebbe quindi almeno ricoprire il ruolo di oasi per gli uomini di quella città. Il monastero benedettino di San Raimondo è proprio nel cuore di Piacenza, sul Corso Vittorio Emanuele II, eppure negli ultimi decenni la sua presenza non è stata particolarmente attiva nella vita della Chiesa piacentina, sebbene il vescovo Manfredini, all’indomani della chiusura del Concilio Vaticano II, l’avesse indicato con lungimiranza come Centro della Liturgia della città, aprendo a tutta la comunità cristiana la possibilità dell’ascolto della Liturgia delle Ore e di celebrazioni esemplari proprie delle comunità monastiche benedettine. Purtroppo, a causa fosse dei tempi ancora non maturi all’interno della Chiesa, l’iniziativa non ebbe molto seguito, trascinandosi nel corso dei decenni successivi. Ora, qualcosa è cambiato, il monastero ha ripreso ad aprire le sue porte. Grazie all’interessamento del vescovo Gianni Ambrosio presso la Santa Sede per rilanciare il monastero e questi tornasse ad essere un luogo orante in cui il primato di Dio, il primato della Parola, riprendesse il suo posto nella città è giunta, con un’altra giovane monaca, Madre Maria Emmanuel proveniente dal monastero benedettino dell’Isola di San Giulio, sul lago d’Orta. Questa nuova presenza ha già portato il monastero nell’arco di 18 mesi a riallacciare i rapporti con la città, aprendo le porte della chiesa di san Raimondo alle 6 del mattino ed iniziando alle 6,45 la celebrazione delle Lodi seguita dalla lectio e dalla S. Messa a cui ormai partecipano sempre un crescente numero di persone che dopo essersi fermate per la celebrazione delle lodi e l’ascolto della lectio vanno al lavoro. La S. Messa, celebrata da sacerdoti della città che si alternano nel turno settimanale, crea l’opportunità di una reciproca conoscenza prima di tutto spirituale e anche un collegamento tra il monastero e le comunità parrocchiali. Infatti, soprattutto nei tempi forti, sono tante le richieste di ritiro per gruppi parrocchiali, incontri per fidanzati, singoli o coppie per i colloqui. Colloqui, che si sono incrementati dopo la frequentazione di un folto gruppo di persone delle Lectio serali al venerdì sera alle ore 21 nel tempo di Avvento e Quaresima dove in quest’ultima c’è stata un’alta partecipazione con il suo epilogo nel quaresimale diocesano. Il monastero sta riprendendo il ruolo che gli compete: quello di donare il Signore attraverso la vita monastica. Avviene come l’icona della Visitazione dove l’abbraccio tra la comunità monastica e la città è come l’abbraccio tra Maria che in seno ha Gesù, ed Elisabetta che ha in grembo Giovanni Battista, l’umanità, un abbraccio in cui entrambe esultano, perché dove c’è Dio si canta il Magnificat, regna la gioia, la carità, la pace, la benevolenza, il rispetto.

Il clima di silenzio e di ascolto che pervade San Raimondo sta aiutando molti a riscoprire il Signore e a pacificarsi interiormente anche attraverso la Liturgia delle Ore e la preghiera orante che accomuna le monache e le persone che transitano lungo il Corso V. Emanuele ed entrano in chiesa, o con gli ospiti o con i gruppi che giungono al monastero. Questa presenza e preghiera monastica aiuta a vivere e a sentire cum Ecclesia, pregare come Chiesa. La stessa Chiesa però è chiamata a riscoprire la dimensione dei monasteri come luoghi dove Dio e la sua Parola hanno il primato e quindi l’uomo stesso. Bisogna riportare tutto a una dimensione più umana, dove l’attenzione all’uomo, e alla sete che ha nel cuore sia al centro della comunità cristiana. Nonostante una cultura che cerca in tutti i modi di scalzare il cristianesimo, di irridere coloro che credono in Cristo, molte sono le persone che bussano alla porta di San Raimondo, tutte desiderose di ricevere un aiuto morale, spirituale o materiale, o almeno di trovare dentro al monastero e attraverso una monaca una risposta alle loro domande. Nella maggior parte dei casi tutti affermano di trovare una pace, una serenità disarmante. A. volte e “l’ultimo approdo” in cui riversare le poche speranze rimaste, un luogo dove condividere e deporre le proprie sofferenze oppure, attraverso un incontro, formulare il bisogno di ascolto e di preghiera. Le persone hanno bisogno d’incontrare un volto umano che attesti semplicemente con la sua persona, con il suo modo di fare, il suo sorriso, che c’è Qualcuno su cui si può contare. Una certezza che dà sicurezza e che trasmette sicurezza. Il monastero è come una “locanda” lungo la strada che raccoglie, dà sostegno umano e spirituale e spesso attraverso la Provvidenza, anche materiale. La prima esigenza di San Benedetto non è di proteggere la comunità dei monaci dalle influenze mondane, ma quella di immettere nel cuore il senso soprannaturale dell’uomo che bussa alla porta. Recentemente è stata aperta la foresteria situata in un’ala del monastero che dà sul Corso. Essa, ha libero accesso alla Chiesa di San Raimondo e alla portineria del monastero; ha una capienza di 10-12 posti letto una ampia sala, cucina e permette a chi lo desidera di sperimentare una “sosta dello spirito” frequentando le celebrazioni, sostando in preghiera nella chiesa silenziosa e accogliente di san Raimondo e chiedendo se necessario lectio per la meditazione personale, o colloqui personali. La comunità monastica di San Raimondo è costituita prevalentemente da sorelle anziane, sette, che hanno mantenuto vivo il carisma monastico. È una grande eredità vivere in una comunità così povera per certi aspetti legati soprattutto all’età, ma così ricca di sapienza. Le quattro sorelle più giovani ben si sono inserite nella comunità e danno un grande apporto nel lavoro, nei servizi e nel canto liturgico permettendo fin d’ora di partecipare ad una Liturgia sobria e bella. Inoltre il carisma della Monache di spezzare la Parola ha segnato sia la spiritualità del monastero che l’inserimento di esso nel territorio divenendo contemporaneamente lievito che fa fermentare la città e coesione nella Comunità. Il primato a Cristo e alla sua Parola, attraverso il monastero quale “locanda dello Spirito”, e il bicchiere d’acqua che ristora, disseta e permette di riprendere il cammino affrontando insieme la strada della vita.

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