esperienze

Piacenza - Bobbio

Casa famiglia multiutenza complementare

Associazione comunità Papa Giovanni XXIII

La Comunità Papa Giovanni XXIII, mossa dalla fedeltà al proprio specifico carisma – che consiste nel seguire Gesù, povero, servo, che espia il peccato del mondo ed a condividere direttamente la vita degli ultimi – fin dalle proprie origini, grazie anche alle ispirate intuizioni del proprio fondatore don Oreste Benzi, ha posto come cardine operativo la famiglia che accoglie e si fa prossima a ciascuno, soprattutto a chi è nel bisogno e nella necessità.

Raccogliendo l’invito di evidenziare una esperienza significativa in atto per prepararci in profondità al Convegno Ecclesiale di Firenze, come membri della Comunità appartenenti a questa Diocesi, ci sentiamo di proporre l’esperienza della Casa Famiglia Multiutenza Complementare. È un nome forse brutto, ma che esprime inequivocabilmente alcuni aspetti qualificanti che la rendono unica, ma replicabile e snodo nevralgico paradigmatico. È una comunità d’accoglienza che in nome della precisa scelta vocazionale si apre ad accogliere coloro che sono nella necessità e nel bisogno e costruisce con tutti una famiglia supplente.

È una Casa, cioè uno spazio fisico ben definito, inserito in un contesto, dove si ritrovano persone in nome di una scelta; in essa non sono i vincoli di sangue a determinarne la presenza e/o l’appartenenza e/o il possesso ( anche il carcere viene chiamato casa circondariale; case chiuse venivano definite le case delle prostitute). Ma è anche una Famiglia, cioè un luogo dove si vivono le relazioni fondamentali di ogni persona: quella con i propri genitori, con i fratelli, con i parenti prossimi; ma è anche il luogo dove si sta insieme con gli amici, le persone più care. Tanto è vero che quando uno vuole indicare che è stato bene in un posto dice: è come essere in famiglia! E perché ci sia famiglia, ci devono essere le persone che svolgono il ruolo/funzione genitoriale in una modalità di relazione unica, personale, potenzialmente per sempre, oblativa.

Diventa quindi un luogo dove stanno insieme persone diverse non legate da vincoli di sangue, ma che accettano di costruire una nuova realtà basata sul modello della famiglia.

E chi partecipa a quest’avventura proviene dalle condizioni esistenziali più disparate, spesso le autentiche periferie esistenziali indicate da Papa Francesco. Da qui la parola multiutenza: è per tutti, per coloro che ne hanno necessità, per coloro che aderiscono a quest’avventura. Perché la famiglia è per tutti, è il luogo ovvio e naturale dell’accoglienza reciproca, dell’ascolto, della sussidiarietà, dell’aiuto vicendevole, del riconoscimento reciproco delle identità come valori. La famiglia è la famiglia. Anche chi la denigra e la stravolge perseguendo le nuove ideologie sul gender, sulla famiglia omosessuale, ecc. cerca di scimmiottare e riproporre artificialmente il modello della famiglia, tanto questo è inscritto nelle esperienze costitutive naturali di ciascun essere umano.

La famiglia, proprio perché è saggia e consapevole della propria identità, sa che non è onnipotente, va bene per tutti. Salva tutti. Non tutti i fidanzamenti finiscono con un matrimonio: certi abbinamenti positivi sulla carta o all’inizio, poi non sbocciano nel si perenne. Serve infatti la complementarietà, cioè che la coppia si completi vicendevolmente e diventi così un unità. Mutuato da questo valore, tutte le accoglienze in casa famiglia non sono possibili. Infatti, chi bussa per restare per un lungo periodo, deve poter essere veramente aiutato ( e non solo parcheggiato) e deve non essere nocivo per chi già c’è.

Perché segnaliamo questa esperienza come paradigma? Certamente non crediamo che tutti debbano realizzare una casa famiglia multiutenza complementare, ma forti della nostra esperienza quotidiana gridiamo forte a tutti: famiglia diventa ciò che sei!

La famiglia è il perno fondamentale per la trasmissione della Fede. È il luogo dell’accoglienza reciproca per antonomasia. È il luogo dove si educa e si fanno crescere le persone.

Quando una famiglia si apre ad accogliere una persona che proviene dal di fuori del proprio vincolo di sangue, mette in moto un processo di miglioramento di se stessa e della propria realtà circostante a dir poco favoloso. Costruisce umanità, costruisce solidarietà, costruisce pace, costruisce Fede.

La famiglia che spalanca le proprie porte, oltre che attuare pienamente la propria identità, si auto spinge – in una operazione molto sana ed automedicale – a guardarsi dentro nelle proprie relazioni, nei propri ruoli, nelle proprie dinamiche; con questo sguardo rinnovato, legge poi tutta la propria realtà circostante fatta di trame relazionali più o meno lunghe/corte ( parenti, amici, parrocchia, lavoro/professione, contesto sociale e civile, mondialità, nord-sud, ecc.). Aprendosi all’altro, al diverso, al bisognoso, a colui che bussa, ci fa aprire gli occhi sulla realtà circostante in una modalità nuova. Cambiano le prospettive, cambiano le priorità, cambiano gli sguardi. Quanti di noi sono veramente diventati genitori attraverso l’esperienza dell’accoglienza. Genitori si diventa e non è la nascita di un figlio che ti affibbia la patente; lo devi scegliere ogni giorno e sceglierlo con intelligenza. Aprirti all’accoglienza di qualcuno dall’esterno ti spinge ad uscire dai meccanismi autoripetitivi ed essere autenticamente ciò che sei.

Questo come Comunità Papa Giovanni XXIII proponiamo come esperienza significativa: aprire le nostre famiglie all’accoglienza sotto il nostro tetto di quanti sono in difficoltà, nel bisogno, nella problematicità, siano essi grandi o piccini. In questo modo salveremo tante nostre famiglie troppo chiuse, quasi asfittiche, salveremo tanti matrimoni in crisi per mancanza di prospettive e di verità reciproca, costruiremo ponti di pace, getteremo semi di speranza, offriremo opportunità a tanti di ritornare alla vita, miglioreremo noi stessi e conseguentemente la vita ed il nostro ambiente attorno a noi.

Non siamo chiamati a fare gli eroi: siamo chiamati ad essere cristiani autentici. È Gesù stesso che ci ha indicato la strada nel celeberrimo brano di Matteo 25 sul giudizio finale. Ma ce lo ha chiesto con ancor più forza attraverso Paolo in Filippesi 2 quando ci ha mostrato la “Kenosi” come la sua scelta fondamentale da perseguire e quindi adatta per ogni autentico discepolo. Per noi della Comunità è parte costitutiva del nostro carisma lo scegliere ciò che gli ultimi sono costretti a portare per condizione come Cristo a fatto con la nostra umanità per redimerla, ma pensiamo che sia uno stile che deve appartenere a tutta la Chiesa e che debba essere da tutti attuato secondo gradi e modalità diversi, come piacerà a Dio dispensare i suoi doni, carismi e chiamate.

I membri della Associazione comunità Papa Giovanni XXIII della diocesi di Piacenza

 

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