esperienze

Piacenza - Bobbio

Attenzioni per l’umano

L'impegno dell'Azione Cattolica diocesana

Nell’ottica della condivisione, della riconsegna a tutti di ciò che può essere significativo rileviamo tre tracce aperte e alcune difficoltà.

Facciamo una premessa, che non va nell’ordine di una supponenza o di una scontatezza, ma semmai in quello di una continua ricerca di conversione e di servizio fecondo del nostro carisma di Azione Cattolica alla nostra chiesa diocesana.

  1. L’Ac vive la dimensione dell’attenzione all’umano come connaturata al proprio carisma. La catechesi esperienziale, i cammini formativi, le proposte associative si innestano nell’attenzione aperta e cordiale con l’umanità della persona e delle persone. È nel nostro DNA. Con questo sottolineo quindi la necessità per noi non tanto di “sentirsi a posto” perché “si è sempre fatto così”, quanto di continuare a interrogarci e ad andare in profondità rispetto questo aspetto.
  2. Nel nostro progetto formativo richiamo solo i titoli di alcuni punti: – la sfida della vita quotidiana – il primato della persona – Gesù, il volto umano di Dio.

Con questa premessa potremmo ora elencare le innumerevoli necessità, ed elencare i tanti spazi e ambiti che non riusciamo ad intercettare. Ci limitiamo invece a sottolineare alcune ultime rielaborazioni formative e proposte di metodo che in Ac abbiamo fatto  perché il Vangelo possa risuonare come parola buona per la vita di oggi dei ragazzi, dei giovani, degli adulti.

  1. Il viaggio formativo. Alla ricerca approfondita di un testimone, di un santo, di un esempio da seguire si percorre un viaggio che è fisicamente mettersi in cammino, avvicinare attraverso tappe diversificate gli aspetti che compongono la vita e la testimonianza della persona che si va a conoscere. Ci si mette all’ascolto di alcune domande: cosa ha mosso la vita di questi fratelli della fede? Cosa ha reso possibile l’esemplarità della loro figura e della loro vicinanza a Gesù? Alcuni esempi: Giorgio La Pira, Alcide De Gasperi, Giuseppe Toniolo, Alberto Marvelli. Questo lo si fa anche a partire dall’approfondimento del contesto culturale dell’epoca e dell’oggi con particolare riferimento al linguaggio dell’arte come privilegiato strumento di rappresentazione e di indagine. L’insieme dei contesti e del ruolo della storia radica l’esperienza nell’umanità viva come ricchezza da scoprire e realtà da salvare.
  2. Le serate dei desideri. Pause di ascolto, riflessione e rielaborazione attingendo a più linguaggi e codici linguistici che, sulla traccia del testo formativo del cammino annuale dei gruppi, affronta ogni volta un desiderio del cuore, una virtù o una dimensione della vita cristiana. Hanno carattere itinerante per raggiungere più territori possibili e costituiscono per molti momento forte di arricchimento e sollecitazione interiore. Fiducia, perseveranza, fortezza, giustizia e misericordia le parole per esempio di quest’anno.
  3. Il Consiglio Diocesano dei ragazzi. Da alcuni anni è proposta questa esperienza di assunzione di responsabilità diretta di alcuni ragazzi all’interno dei gruppi che si incontrano periodicamente. E’ un esercizio di corresponsabilità fatta a misura dell’età, che dà la possibilità di prendere al parola, di ascoltarsi e confrontarsi. Soprattutto di rappresentare e rappresentarsi. Il segno di una Chiesa che educa alla multiformità dei doni e delle forme di servizio che sono per la promozione di tutta intera la persona.

La criticità più evidente e che è però, a parer nostro, il segno di un disagio molto più ampio riscontrabile in tutti i settori educativi oggi, è la rarefazione della metodologia del gruppo come strumento educativo di riferimento. Rimane all’interno della nostra proposta formativa, quella del gruppo, un elemento irrinunciabile. Di fronte al venire meno di questo strumento in ampi spazi dell’esperienza della nostra chiesa, proponiamo quasi a supplenza alcune esperienze interparrocchiali o diocesane che, a compensazione, si sforzano di mantenere il profilo alto della qualità formativa. Sempre ci poniamo l’obiettivo di compiere e far compiere dentro ogni esperienza formativa il percorso virtuoso consolidato della catechesi associativa vita-Parola-vita: la partenza dai fatti posti dalla vita, dall’esperienza viva delle persone, il far sorgere le domande da questi fatti e interrogarsi con intelligenza sul senso che questi fatti acquistano. Come Gesù faceva con le persone che incontrava e che gli ponevano domande. A seguire il confronto con la Parola chiede ad essa cosa ha da dire su questi aspetti della nostra vita di uomini e donne. La preghiera, anche a forma di celebrazione, poi dispone alla risposta a Dio. Il ritorno alla vita è la ricaduta a cascata in alcuni ambiti dell’esperienza una risposta personale o di gruppo che sia servizio, gesti concreti: la diaconia diretta della carità, l’esercizio di laicità, il servizio in campo politico-sociale accompagnati tutti dal richiamo alla testimonianza di vita.

Nodo problematico: essere impreparati a vivere gli eventi che in modo improvviso si affacciano alla nostra vita (sofferenze, malattie, responsabilità, cure, crisi, relazioni,…)

Di fronte a certi eventi non si è mai pronti perché spesso la nostra vita scorre in routine, azioni consolidate, relazioni sicure, ambienti conosciuti. Quando improvvisamente sopraggiungono sofferenze o cambiamenti gioiosi ci sentiamo travolgere, percepiamo spaesamento, si affacciano in noi sentimenti contrastanti, sperimentiamo impotenze.

Eppure la vita ci ha messo di fronte più volte, attraverso l’esperienza personale e di chi ci sta accanto o attraverso i vari canali d’informazione

  • la sofferenza di chi è ammalato, solo, negato nei suoi diritti primari
  • la bellezza dell’amicizia e degli affetti in una famiglia
  • la valenza sociale di un lavoro eseguito con professionalità e competenza
  • il carico di responsabilità di chi accetta di servire qualcosa che ha a che fare con il bene comune
  • le conseguenze delle fragilità umane sulla percezione del sé e delle relazioni

La sensazione è di percepire a volte in me e in tante persone che conosco l’essere impreparati a vivere uno di questi eventi e sentirli come un fiume in piena che travolge e non dà fiato.

Eppure la nostra formazione cristiana di uomini e donne di fede, se l’abbiamo continuamente alimentata, ci pone domande e ci offre spunti di riflessione sul senso della vita, della morte, dell’amore, della sofferenza, del convivenza civile, della giustizia, della pace,…

Cosa cambia in noi tutta questa formazione?

A chi e a cosa parla la Parola se non la interpelliamo con la vita concreta che urge in noi?

Mi pare che attorno a noi ci siano anche tante voci che credono di offrire “ricette” pronte: talk show che, credendo di approfondire, accarezzano solo la superficie dei problemi e delle sofferenze; personaggi che occupano così tante poltrone che non sono più testimoni ma testimonial di se stessi; accanimento mediatico su alcune questioni per porle nel dimenticatoio nel giro di poco tempo; silenzio tra colleghi di lavoro – superato lo “scoop iniziale” in cui si comunica l’evento – per paura di condividere fino in fondo…

Esperienza

Da molti anni mi sollecitano queste parole del Progetto Formativo dell’Azione Cattolica riguardo l’interiorità: Il silenzio è l’esperienza che ci pone di fronte a noi stessi… il silenzio ci pone di fronte alla ricchezza dei nostri pensieri, dei nostri sentimenti; ci fa incontrare con le nostre responsabilità e con i nostri sogni; ci fa avvertire la nostra aridità e i nostri limiti… Il silenzio ci permette di essere persone pensose, capaci di coltivare il gusto della riflessione… Solo nel silenzio si apre lo spazio dell’ascolto: prima di tutto quello della vita… della Parola di Dio.

Coltivare e alimentare il SILENZIO INTERIORE per me diventa il luogo in cui

  • ascolto le domande che mi abitano
  • rifletto sulle mie azioni
  • individuo i miei limiti e le mie potenzialità
  • mi preparo all’incontro con altri e porto in cuore ciò che nasce dall’incontro
  • gusto le esperienze vissute
  • assaporo parole di autori significativi che insieme alla Parola offrono sfumature alla vita
  • guardo e rifletto sulla testimonianza di altre persone
  • mi interrogo su aspetti che mi sono ancora distanti come esperienza ma che credo possibili anche per me
  • do motivazioni alle mie scelte, alle parole dette, alle responsabilità assunte
  • coltivo la relazione con Dio non solo vivendo appuntamenti di preghiera ma come uno stare in sua compagnia in ogni momento
  • leggo e rifletto su ciò che accade nel mondo e coltivo domande da condividere con altri
  • provo ad immedesimarmi in certe situazioni per interrogarmi ed essere capace di “patire con”
  • faccio parlare il bello che mi piace cercare e creare (arte, natura, bricolage)
  • medito le parole da dire in occasioni di feste, ricorrenze, lutti, coordinamenti, gruppi di lavoro
  • scelgo su come farmi accanto
  • mi preparo per rispondere alle mie responsabilità

Superamento

Nella mia formazione di credente le azioni descritte nell’elenco mi sono sempre state presentate come tratti che definiscono la formazione della coscienza personale e che, nel loro insieme, aiutano a fare unità in se stessi. Oggi vorrei chiamare tutto questo come un modo per prendere in mano con serietà il mio essere donna e ciò che la vita mi offre, a volte anche prima che le cose accadano. Percepisco che la cura verso la mia persona è fondamentale per accogliere i cambiamenti senza smarrirmi.

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