esperienze

Reggio Emilia - Guastalla

Casa della carità

Congregazione Mariana in missione

Nel 1938 veniva nominato Parroco di Fontanaluccia, parrocchia della montagna dell’Appennino Modenese, ma in Diocesi di Reggio Emilia, Don Mario Prandi, di 28 anni, giovane, esuberante zelante.

Giunto in parrocchia scoprì alcuni casi pietosi di handicappati e anormali, la cui situazione si aggravò con l’inizio del Conflitto Mondiale del 1940.

Per sovvenire a queste necessità, dopo aver sensibilizzato la parrocchia, il 28/9/1941 don Mario Prandi apriva l’Ospizio Santa Lucia, in ossequio alla Patrona della Parrocchia e da subito denominato “Casa della Carità” per accogliere questi “tesori della Chiesa” come i un “tabernacolo” con l’aiuto e l’assistenza dei fedeli, per dare loro una amorosa e familiare assistenza.

Comprese fin dall’inizio la necessità che nella Casa ci fosse un’anima consacrata che tenesse viva la lampada della preghiera e alimentasse con l’olio della carità il servizio ai poveri che fosse una vera liturgia.

Su invito del Vescovo Diocesano, Mons. Brettoni, iniziò tra le ragazze che già prestavano il loro servizio nel piccolo ospizio, la fondazione di un gruppo di consacrate che intendessero donare la loro vita al Signore nella condivisione più totale con questi fratelli più poveri.

Il 16 luglio 1942 fecero i primi voti quattro ragazze: due di esse erano della parrocchia e una di una parrocchia vicina.

Questo piccolo germe, pur nella sua pochezza e povertà, nel piano di Dio era destinato ad espandersi.

Altre generose giovani si affiancarono alle suddette Sorelle dando inizio ad una schiera di consacrate, che condividono in tutto la loro vita con i poveri: gli spazi, la preghiera, la mensa, la ricreazione, le sofferenze e le gioie dei poveri accolti, come vere mamme e sorelle dei “piccoli”, senza alcun genere di clausura.

Frattanto si andava arruolando una schiera sempre più numerosa di ausiliari laici che, vivendo lo spirito della Casa della Carità, prestavano un servizio preziosissimo di amorosa assistenza e si arriverà alla consegna del Crocefisso da parte del Vescovo Diocesano, come “mandato” per questo ministero di fatto al regale servizio di Cristo nei più poveri, cercando di evitare  di assumere personale.

Nel 1972 nacque il ramo maschile dei Fratelli della Carità, sacerdoti e laici, con voti emessi nelle mani del Vescovo. I sacerdoti sono a pieno titolo sacerdoti diocesani al servizio della Chiesa locale e i Fratelli laici nelle Case della Carità loro affidate.

Nel gennaio del 1986 inizia il cammino di un gruppo di famiglie che vogliono arricchire e sostenere il loro cammino matrimoniale legandosi alla Associazione con promesse annuali di castità, povertà e obbedienza, secondo lo stato matrimoniale, seguendo una traccia di vita appositamente preparata.

Nell’aprile 1989 inizia un gruppo di consacrati nel mondo, che vivendo nelle proprie famiglie e continuando il proprio lavoro professionale vivono la spiritualità delle Case della Carità, e si affiancano nel servizio ai poveri.

Alcuni parroci della Diocesi, colpiti dalla semplicità e dall’amore che caratterizzava la Casa della Carità di Fontanaluccia, chiesero che tale esperienza fosse trapiantata anche nelle loro parrocchie.

Sorsero così negli anni 14 Case nella Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla e 10 in altre Diocesi italiane, accompagnate da due Case di Preghiera.

Case Eucaristiche, le definì il Vescovo Gilberto Baroni, perché non solo vi si celebra  e si adora l’Eucaristia, ma la si vive concretamente facendo famiglia con ogni tipo di povertà.

Espansione missionaria

La Congregazione Mariana delle Case della Carità è un’Associazione Pubblica di Fedeli di diritto Diocesano, appartiene in toto alla Diocesi e il Vescovo di Reggio Emilia-Guastalla ne è il primo Superiore.

La Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla ne viene caratterizzata e quando il suo Vescovo la pone in stato di missione, inviando sacerdoti, consacrate e laici Fidei Donum Diocesi in diverse Missioni porta il dono prezioso delle Case della Carità e si sono così diffuse nel mondo:

  • Madagascar: 12
  • India: 5
  • Brasile: 1
  • Albania: 1

Caratteristiche

  • Le Case della Carità appartengono alle Parrocchie o alle Diocesi dove sono presenti, essendo proibito alla Congregazione Mariana di possedere beni immobili per se e per il mantenimento dei poveri.
  • I membri della Congregazione Mariana delle Case della Carità animano la carità nella Parrocchie/Vicariati ove si trovano.
  • La piena fiducia nella Provvidenza ha portato a non stipulare alcuna convenzione con gli Enti Pubblici, a non chiedere alcuna retta né agli Enti Pubblici, né ai parenti degli Ospiti accolti, i quali condividono fraternamente l’eventuale pensione che ricevono, come in ogni buona famiglia. 

Spiritualità

La preoccupazione primaria di Don Mario non era l’assistenza, che pur aveva il suo peso rilevante, ma attraverso il servizio ai poveri voleva aiutare la sua Comunità Parrocchiale ad elevarsi spiritualmente. Nel definire in cinque punti la Casa della Carità si nota come la sua  preoccupazione è prettamente Pastore che ha a cuore il bene spirituale della sua gente. Così scrive: La Casa della Carità è nella Parrocchia:

  1. un “parafulmine della Divina Giustizia”, come risposta di Amore al male;
  2. un “grande lenzuolo” che copre e ripara molte miserie della comunità;
  3. una “scuola e palestra” di Carità e fraternità cristiana per tutti i fedeli;
  4. una dimostrazione della bontà e premura della Provvidenza di Dio;
  5. un “fermento” di ricostruzione comunitaria nella carità di Cristo. Le Case della Carità cercano di conformarsi alla vita spirituale e pastorale delle Parrocchie in cui vivono. Così pure i Consacrati che le animano vivono della vita della Parrocchia, mantenendo un ritmo di preghiera che scandisce la giornata della Casa con la recita di tutta la Liturgia delle Ore.Il fatto poi che siano in un unico cestino rappresenta l’unità e la circolarità di queste tre Mense di cui vive e si nutre la vita delle Case della Carità. Si passa da una Mensa all’altra senza soluzione di continuità e nessuna di esse può essere trascurata.+ Stile e Servizio ai fratelli più poveri (vedi: Carmelitane Minori della Carità) nei quali (poveri) come nella Parola e nella Eucaristia vi è tutto Cristo: E si cerca Dio in loro come si cerca nella Parola e nella Eucaristia. Quindi si cerca di mettere tutto il culto e la Liturgia che si ha per la Parola e l’Eucaristia anche per i Poveri.   In questi anni si sono accolti più di 500 bambini e una settantina di mamme, con o senza figli, in gravi difficoltà.
  6. Carenza di vocazioni alla vita Consacrata che impedisce il ricambio delle persone anziane o malate, e la ulteriore diffusione delle Case della Carità nonostante le innumerevoli richieste di nuove aperture.

Difficoltà

Circa vent’anni fa dall’esperienza delle Case della Carità, soprattutto ad opera di alcune famiglie membri della Congregazione Mariana delle Case della Carità, è iniziata l’esperienza delle “Famiglie del Gelso” per l’accoglienza in emergenza di bimbi in difficoltà, in convenzione con i Servizi Sociali. Infatti spesso mamme che non hanno una adeguata rete parentale si trovano all’improvviso a non potere accudire i loro bimbi; oppure bimbi che vengono tolti dalle loro famiglie per violenze, o incapacità parentale ecc.. e devono essere accolti nel giro di poche ore. Si attivano le Referenti del gruppo e i bimbi vengono accolti da famiglie generose per 30 giorni, nella speranza che, superata la crisi, possano rientrare nella loro famiglia, o permettere ai Servizi Sociali di trovare soluzioni adeguate. Il numero di queste famiglie si è molto esteso coinvolgendo anche famiglie non credenti o non praticanti .

Realtà nate dall’esperienza

  1. E si usano i Poveri come si usa della Parola e dell’Eucaristia.
  2. Si serve, si adora, si celebra, si loda Dio in loro, con gioia e con premura come per la Parola e l’Eucaristia.
  3. Forse vale la pena riportare quanto scriveva nel 1972 il Fondatore don Mario Prandi:
  4. Il logo della Congregazione Mariana delle Case della Carità è rappresentato da un cestino contenente tre pani: Il Pane della Parola di Dio, il Pane dell’Eucaristia, e il Pane dei Poveri, anticipando di decenni il testo di Evangelizzazione e Testimonianza della Carità (n° 1) che recita: Nel dialogo con i giudei successivo alla moltiplicazione dei pani (Gv 6,22-58), Gesù rivela il significato eucaristico del gesto che ha compiuto. In realtà il pane della parola di Dio e il pane della carità, come il pane dell’Eucaristia, non sono pani diversi: sono la persona stessa di Gesù che si dona agli uomini e coinvolge i discepoli nel suo atto di amore al Padre e ai fratelli.

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