esperienze

Torino

Arsenale della Pace

Sermig - Servizio Missionario Giovani

La fede nell’incarnazione di Gesù, nell’esperienza dell’Emmanuele, il “Dio con noi”, per la nostra Fraternità è alla base della convinzione che l’incontro con Lui avviene dentro la storia dell’umanità: tutte le persone che bussano alla nostra porta ci fanno incontrare il Dio con noi. Non dobbiamo cercarlo lontano: si tratta solo di aprire la porta fisica della nostra casa, ed insieme di aprire lo sguardo e il cuore. Il nostro incontro con Dio avviene anche così, attraverso i più poveri, attraverso i giovani, attraverso i testimoni che ne incarnano il volto d’amore.

È una Presenza che affianca quella del Pane e della Parola, diventando Presenza continua a cui cerchiamo di rispondere con una preghiera continua: “Pregare e agire, pregare e amare, pregare e tacere… pregare e ascoltare” recita la nostra Regola di vita.

La stessa modalità d’incontro proponiamo alle persone che frequentano l’Arsenale della Pace di Torino, in particolare i giovani. Si tratta di singoli e gruppi, provenienti dal mondo scout e dalle parrocchie ma anche da scuole pubbliche ed altre realtà civili.

Lungo tutto l’anno, oltre alle visite e attività in giornata, offriamo loro la possibilità di settimane di formazione e servizio nel corso delle quali condividono con la fraternità la nostra vita, fondata sull’incontro con Dio e sull’apertura e l’incontro con l’uomo figlio di Dio e nostro fratello.

La credibilità che ci viene dal servizio reso ai più poveri, vissuto fianco a fianco con i giovani, conquista la loro fiducia, suscita domande sul senso della vita e ci permette di proporre le motivazioni del nostro stile di vita e il racconto della nostra “storia con Gesù”. Si tratta di un Vangelo annunciato prima di tutto con i fatti. È un annuncio che si fonda anche sulla testimonianza di una vita di fraternità, sulla disponibilità ad ascoltare i giovani e sul desiderio di renderli protagonisti nel bene.

Arriviamo così a proporre non una teoria su Dio, ma il “fare esperienza” dell’incontro con una Persona, la Persona di Gesù. Proponiamo loro di sperimentare che questa Persona parla davvero a ciascuno ed ha qualcosa da dire a ciascuno per la propria vita.

Questo avviene attraverso vari momenti che scandiscono la giornata, alternandosi al servizio:

  • la “preghiera del mattino”, che con l’aiuto di un’animazione presenta un brano della Parola di Dio, lo commenta brevemente e propone un gesto che indica come quella Parola desideri raggiungere ciascuno;
  • laboratori di confronto su percorsi di vita e tematiche di attualità, nei quali la Parola ascoltata al mattino diventa luce e riferimento per cercare risposte ai segni dei tempi ed alle difficoltà che i giovani si trovano a vivere;
  • una serata di preghiera, l’“Incontro del martedì”, nella quale viene letto un brano della Parola e poi uno di noi della Fraternità, partendo in modo semplice dal metodo della lectio divina, testimonia come quella Parola ha parlato alla sua vita e a quella della Fraternità; segue un tempo di adorazione eucaristica, intervallata da poche frasi che aiutano a mettere davanti al Signore la propria vita, illuminata dalla Parola appena ascoltata;
  • la celebrazione eucaristica quotidiana;
  • chi lo desidera può anche condividere con la Fraternità la liturgia delle ore.

Al termine dell’esperienza, teniamo una revisione a gruppetti, nella quale invitiamo i giovani a evidenziare ciò che le giornate trascorse hanno insegnato loro. È significativo come una buona percentuale di ragazzi riferisca di aver “scoperto” o “riscoperto” la preghiera e di aver capito come può essere importante per la vita l’incontro con il Signore.

Nell’estate 2013 abbiamo aggiunto un ulteriore momento, suggerito sempre dal desiderio di aiutare i giovani a riconciliarsi con Dio e con i nodi problematici della propria vita. Nei “campi” da cinque giorni, nell’ultima giornata abbiamo proposto di dedicare due ore circa al silenzio ed al sacramento della riconciliazione, o in alternativa al dialogo personale con un sacerdote o un membro della nostra Fraternità. La risposta dei ragazzi, preparati dalle riflessioni dei giorni precedenti e dalla “preghiera del mattino”, ha confermato la bontà della proposta: tra il 70 e il 90% accetta la sfida, nella maggior parte dei casi avvicinandosi proprio al sacramento della confessione. I colloqui che ne sono seguiti sono stati profondi, andando a toccare il vissuto del rapporto personale con Dio, le fatiche i dubbi, le attese.

Se un po’ di anni fa la nostra proposta ai giovani ruotava principalmente attorno a tematiche “trasversali” quali la pace, la giustizia, l’accoglienza…, da qualche anno stiamo “osando” sempre di più anche sul piano della proposta diretta di fede. In parallelo abbiamo notato che le richieste di gruppi che desiderano venire a fare un’esperienza all’Arsenale sono in continuo aumento. Una conferma che c’è sete di Dio e di luoghi nei quali incontrarlo incarnato nella storia che viviamo.

Difficoltà e criticità

Vogliamo evidenziare le difficoltà che riscontriamo nell’avvicinare i giovani a Dio.

I) La maggior parte di loro non vive la fede come relazione con Dio. Guarda il cristianesimo come una ideologia o filosofia. Molti si stupiscono quando parliamo loro dell’incontro personale con Dio. Hanno sempre sentito parlare di Dio in terza persona, lo percepiscono distante, estraneo alla loro storia personale. Molti pur avendo completato il percorso catechistico e continuando a frequentare la parrocchia parlano di Dio come “entità” e non come Persona che si può incontrare.

II) La maggior parte dei giovani ha difficoltà nel conoscere se stesso: ascoltarsi, riconoscere le emozioni che prova. Le dimensioni dell’anima e della coscienza sono per la gran parte di loro dimensioni sconosciute, non conoscono la strada per entrarvi. Spesso manca anche la capacità di esprimere quello che si prova – aldilà di un generico “mi fa star bene” oppure “mi annoia” -, di definire situazioni, emozioni, fatiche, di confrontarsi su quello che si vive.

III) C’è una scarsa conoscenza della fede cristiana, un vero e proprio analfabetismo religioso. Anche solo a livello culturale, molti giovani non conoscono la storia del cristianesimo, non hanno mai aperto la Bibbia né sanno (se non per sentito dire) di cosa parli.

IV) Alla non conoscenza si aggiunge la tendenza diffusa a ragionare per clichés, che diventano veri e propri muri: “Non mi interessa parlare di Dio perché la Chiesa è ricca, la religione è contro i gay, i preti sono pedofili…”. In alcuni purtroppo si incontra un vero e proprio rifiuto, dovuto ad esperienze negative vissute in prima persona o conosciute da vicino.

V) Molti di questi ragazzi non hanno mai incontrato testimoni di Dio appassionati e coraggiosi. Spesso i loro educatori, sotto la parvenza del “lasciarli liberi”, nascondono grossi dubbi personali di fede e una scarsa esperienza personale di quanto il rapporto con Dio faccia la differenza nella vita. I ragazzi se ne accorgono e pensano: “Io non ci credo perché tu non ci credi. Perché mi vuoi convincere?”.

VI) Un altro nodo problematico nel rapporto con i giovani riguarda il venir meno di un linguaggio comune. Sempre più spesso ci si rende conto che parole e concetti che per noi adulti hanno un significato preciso per loro ne hanno uno diverso o addirittura nessuno. È necessario perciò non dare nulla per scontato ma ripartire dall’ABC. Il linguaggio impoverito è sintomo di un’esperienza di vita impoverita e delle problematiche segnalate nei punti precedenti.
Per restituire alle parole un significato condiviso e potersi confrontare sui temi della fede, i giovani hanno bisogno di fare delle esperienze concrete ed essere poi accompagnati nell’imparare la capacità di esprimerle, commentarle, condividerle.

Vie attivate per il superamento delle difficoltà

La crisi di fede ha alla radice una crisi di testimonianza. L’esperienza vissuta ci ha insegnato però che, dove ci sono nuclei di persone che danno testimonianza di un’esperienza comunitaria cristiana forte, che credono, vivono e condividono la propria fede, anche chi è più lontano dalla fede ne rimane attratto e spesso chiede di prenderne parte. Rinasce così anche per chi è distante dalla fede o non è ancora sceso in profondità la possibilità di fare un’esperienza di fede forte e di crescere attraverso la condivisione.

I. La fede e le proposte di avvicinamento ad essa oggi sono quasi sempre “dette”, “parlate”. Occorre riscoprire modalità per far sperimentare la fede anche attraverso gesti, azioni, simboli… Nella “preghiera del mattino” con i giovani abbiamo trovato per esempio efficace rappresentare, con l’aiuto dei ragazzi stessi, alcuni degli episodi evangelici e dare voce a possibili risonanze interiori dei personaggi del brano. Ma quello che colpisce i giovani che vengono all’Arsenale della Pace è soprattutto il fatto che trovano un’esperienza di fede “in atto” prima che detta a parole, un’esperienza nella quale loro possono entrare e coinvolgersi attraverso dei gesti, delle esperienze concrete. Dall’esperienza condivisa nasce poi il bisogno di esprimere quello che hanno vissuto, di commentarlo, di raccontarlo ad altri. Rinasce la possibilità della fede e di un linguaggio comune per esprimerla.

II. Da qualche anno la Fraternità del Sermig sta investendo nell’offrire la possibilità di fare un’esperienza di fede condivisa non solo ai giovani ma anche alle famiglie. Anche qui la parola chiave è “comunità”: gruppi di famiglie che si ritrovano a scadenze regolari, sia nel fine settimana sia per esperienze periodiche più lunghe. Insieme, genitori e figli, sperimentano:
– la dimensione del confronto sul proprio incontro con Dio e sulle modalità per viverlo dentro gli ambiti e le sfide della vita quotidiana;
– la dimensione dell’apertura alle persone più in difficoltà e all’incontro con l’altro.

III. Verso chi non crede, il punto d’incontro che gli Arsenali offrono prende a modello il Dio che si è fatto uomo e che ha camminato in mezzo alla gente, parlando ai suoi bisogni fondamentali e prendendosene cura. La fede nella dignità di ogni uomo in quanto immagine e somiglianza di Dio ci permette di riscoprire una comune umanità.

Il servizio condiviso alle persone più in difficoltà permette di individuare valori che accomunano e di trovare uno spazio in cui poterli vivere non da soli ma in modo comunitario. Nella stessa linea, un’altra modalità sperimentata è quella della “Università del Dialogo”: cicli annuali di incontri aperti a tutti. Ad ogni incontro partecipano ormai abitualmente diverse centinaia di persone, sia giovani che adulti. Vengono affrontate le più svariate sfide del nostro tempo alla ricerca di piste di speranza. All’interno dell’incontro, ogni volta un brevissimo intervento di un membro della nostra Fraternità dà modo di comprendere che il nostro interesse per l’uomo nasce dal nostro incontro con Dio. Al termine, è rivolto a tutti i partecipanti l’invito all’incontro di preghiera del martedì (gli appuntamenti dell’Università del Dialogo sono abitualmente il martedì in ora pre-serale, proprio per favorire questa “concatenazione”).

IV. Nei confronti di chi appartiene ad un’altra tradizione cristiana, abbiamo trovato efficaci le stesse modalità del punto precedente. Dove la storia e la teologia hanno diviso, la testimonianza di comunità che cercano di vivere secondo il Vangelo al servizio di ogni uomo può tornare a fare unità.

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