esperienze

Trento

72 ore senza compromessi

Un'esperienza di nuovo umanesimo a Trento

L’esperienza parte dal concetto che il Vangelo non propone tanto una dottrina, quanto una relazione di amore e domanda di impostare la vita sul servizio positivo, che si oppone a ogni sfruttamento ed anche all’egocentrismo. La vera realizzazione dell’uomo si ha nel dono di sé, insegna il Vangelo. 

72 ore senza compromessi

L’esperienza si sta organizzando da Trento dal 2008 con crescente adesione (anche più di quanti attesi) e ci sembra quindi un paradigma di atteggiamento cristiano, quindi del nuovo umanesimo che va costantemente costruito. L’idea è semplice: decine di giovani dai 15 ai 25 anni, organizzati in team da 5 a 10 persone ciascuno, vengono invitati a realizzare  gratuitamente nell’arco di tre giornate attività in ambito sociale, ambientale e civico presso associazioni, gruppi di volontariato, case di riposo, cooperative sociali, parrocchie ed altri enti.

La formula prevede che le modalità di svolgimento delle attività presso i singoli progetti verranno spiegate e presentate ai gruppi solo all’inizio delle 72 ore dall’ente proponente che inoltre offrirà al gruppo vitto, alloggio, materiale  per la realizzazione del progetto e una persona di riferimento che accompagnerà il gruppo nel lavoro delle 72 ore.

Spesso l’attività porta a contatto i ragazzi non solo con realtà del territorio a loro sconosciute, ma con le persone ospitate in quelle struttura: particolarmente significativa la condivisione nelle case di accoglienza per senza dimora e nelle case di riposo per anziani, così come presso il Centro di salute mentale o in una cooperativa per l’inserimento dei disabili.

L’iniziativa si conclude con una festa finale in cui è prevista una carrellata delle esperienze fatte dai singoli gruppi (tramite foto, video, racconti, cartelloni) e un conto alla rovescia che chiude l’evento… e si spera sia fecondo di un atteggiamento costante.

Perché i ragazzi partecipano?

La Caritas di Trento nel 2008 ha avuto nella sua prima edizione 60 partecipanti. Nel 2011 erano 160, nel 2014 son diventati 200. La provenienza è la più varia: molti i gruppi di amici (a vario titolo), alcune classi (o parti di esse), alcuni gruppi giovanili (o parti di essi) ma anche tanti singoli che sono stati organizzati poi in gruppo, tra questi qualcuno anche segnalato dai servizi sociali. C’è da chiedersi il perché di tanta partecipazione.

Pur non avendo mai approfondito il tema con i diretti interessati, l’impressione sulle motivazioni che portano tutti questi ragazzi a muoversi ci appaiono diverse:

  • Il bisogno di essere protagonisti: le 72 ore permettono a molti ragazzi di riconoscersi ed essere riconosciuti per quello che si è e che si fa, come singoli e come gruppo, come giovani che hanno da dire e da dare.
  • La sfida e l’evento: l’idea di dover compiere “un’impresa” forse affascina ancora i giovani. Il giocarsi tre giorni per realizzare qualcosa che solo loro potranno fare probabilmente è interessante per tutti. Ancor più se ci si sente protagonisti di un evento a cui partecipano decine di coetanei
  • La condivisione: ci pare che l’esperienza di vita comunitaria (i ragazzi in quei giorni vivono tutto il tempo assieme, compreso il dormire e il mangiare) e con i tanti ospiti delle strutture in cui vanno a fare servizio sia una delle cose che gratifica maggiormente
  • Un’occasione per tutti: le 72 ore rappresentano una occasione che vale per tutti, senza alcuna distinzione (tranne quella dell’età che peraltro prevede un arco molto ampio): maschi e femmine, più giovani e più grandi, studenti o disoccupati, partecipi del mondo ecclesiale o meno, in gruppo o singolarmente… Ed è una opportunità: nessuno chiede di firmare un impegno, di aderire a chissà quale progetto o ideale, né di proseguire nel volontariato. Ma tutti sanno che l’ambiente di impegno è quello di Caritas.
  • La serietà della proposta: non ci sono sconti né eccezioni, davvero non ci sono compromessi perché a tutti è chiesto di dare il massimo in quei tre giorni, anche andando lontano (nell’ultima edizione dei gruppi sono stati inviati a Bolzano e a Verona) . E anche molto seria è l’organizzazione sia da parte di Caritas (tutti i ragazzi vengono assicurati, i responsabili dei gruppi vengono convocati e informati nei dettagli) che da parte degli enti e gruppi ospitanti.

Conclusioni

L’impressione ricavata da questa esperienza ma anche da altre (es. il Capodanno con i “senza dimora” dove c’erano 60 volontari)  è che la dimensione del servizio, della relazione con persone in difficoltà e della comunità, siano attraenti per molti giovani. Anche i fondamenti cristiani, che mergano o meno, operano nel loro cuore.

Sembra quindi che esperienze, anche esigenti ma ben strutturate, che tengano conto di questi aspetti siano una via decisamente interessante per avvicinare molti giovani, che spesso sono in attesa di queste opportunità per poter dare senso al proprio tempo.

Forse gioca una sua parte anche l’aspetto identitario e comunitario: i ragazzi si sentono parte non solo di un evento ma anche di un gruppo e di una comunità per la quale si mettono a disposizione, uscendo dallo stereotipo dei giovani sfaccendati, bamboccioni e senza slanci ideali e volontaristici, dando così una nuova e positiva immagine di sé e del mondo giovanile in generale.

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