esperienze

Vercelli

Festa dei popoli

Il sagrato come luogo di apertura

La festa dei popoli nacque 6 anni fa, nel settembre 2009, da un’idea di padre Enrico Masseroni, vescovo emerito della Diocesi. Nell’ambito del programma pastorale, che nell’anno intendeva valorizzare i segni e i significati della Cattedrale (in concomitanza con i lavori di restauro), egli pensò al sagrato come luogo di apertura della Chiesa, di accoglienza dei fratelli giunti da ogni dove, e di missionarietà… quasi una chiesa in uscita ante litteram…

[Anche il sagrato ha il suo alto valore pedagogico, oggi ancora più che in passato. Anche il sagrato è un vero luogo educativo per il recupero dei valori perdenti: quali l’accoglienza, la socializzazione, il senso di appartenenza e di comunità. “È questa un’area molto importante- recita la nota pastorale della CEI del 1993 – da prevedere in quanto capace di esprimere valori significativi: quello della ‘soglia’, dell’accoglienza e del rinvio…” (PNC 20).

Sul sagrato, la Cattedrale esprime la propria identità di madre che accoglie i suoi figli e ne favorisce l’incontro, il dialogo… L’immagine della comunità si annuncia dal sagrato.

Ma soprattutto il sagrato è lo spazio del rinvio: tra il tempio e le strade della vita, cifra simbolica del rapporto “Chiesa e mondo”, tra Eucaristia e vita, tra Parola e testimonianza. Il tempio non rinvia immediatamente sulla strada; incoraggia l’incontro, il dialogo, l’amicizia tra persone, tra famiglie. Anche l’Eucaristia vuole il suo momento pedagogico: la comunità che ha incontrato Dio, deve imparare ad incontrare la gente, fugando la febbre della strada, della fretta, dell’affanno. Insomma anche il sagrato è un luogo educativo.

Enrico Masseroni, Pietre vive. Lettera pastorale 2008-2009]

 

Il vescovo affidò la realizzazione alla Caritas, che dunque se ne fece carico, coinvolgendo immediatamente altre realtà ecclesiali, oltre che il Centro Servizi per il Volontariato, per la divulgazione e l’organizzazione degli spazi, e il Comune, per i permessi e le attrezzature.

Da allora la festa si ripropone ogni anno, nell’autunno. Le prime edizioni consistevano essenzialmente in un sabato pomeriggio di spettacolo e riflessione con interventi di varie etnie intorno alle tematiche della pace, della giustizia, del dialogo e dell’accoglienza, e in una grande cena etnica offerta a tutti negli spazi del Seminario arcivescovile. Via via le associazioni e i gruppi partecipanti sono aumentati e hanno arricchito la festa di loro prodotti, di presentazione di attività e progetti, in appositi stands allestiti intorno al palco. L’estensione delle proposte ha imposto una nuova collocazione alla festa, per cui si sono scelti spazi significativi e ampi della città, riservando comunque sempre una preferenza, almeno per alcune iniziative, al Seminario arcivescovile.

Dal 2012 la festa prevede, oltre al classico momento di raduno festoso di tutti, alcuni – sempre più numerosi – momenti di approfondimento e incontro (conferenze, cene, convegni, laboratori, progetti educativi, presentazioni libri ecc…), in preparazione all’evento conclusivo.

Ogni anno inoltre la Festa dei popoli si declina secondo un tema particolare (nelle ultime edizioni, per esempio, i centri di interesse sono stati la cittadinanza e il cibo). 

Campo di intervento

L’esperienza si colloca in un luogo di vita comunitaria, nell’intento di valorizzare e favorire l’incontro, le relazioni, la fiducia interpersonale, come categorie profondamente umane, e al tempo stesso centrali per la nostra fede e la visione antropologica cristiana.

Soggetti coinvolti

Fin da subito l’esperienza ha sollecitato l’impegno dei laici, soprattutto di quelli già operanti nell’ambito della Caritas, e fin da subito ha cercato nei fratelli lontani – anche per fede, in taluni casi – gli interlocutori privilegiati. Il tutto è stato rafforzato, a livello istituzionale, dal coinvolgimento sempre più effettivo del Centro Servizi Volontariato (che attualmente si occupa di gran parte dell’organizzazione, ma anche della scelta e della cura di molte iniziative) e del sostegno – soprattutto tecnico e finanziario- dell’Assessorato alle politiche sociali del Comune di Vercelli. Tra le altre istituzioni coinvolte, l’Università del Piemonte Orientale e la Prefettura di Vercelli. Un grande lavoro di rete, dunque, nel tentativo di raggiungere ogni realtà interessata a vario titolo alla festa.

Soggetti destinatari

L’intera chiesa diocesana e la cittadinanza tutta, in special modo le persone immigrate

Finalità dell’iniziativa

  • favorire e accrescere l’accoglienza degli stranieri e il dialogo con essi
  • rafforzare l’integrazione comunitaria, in ambito ecclesiale e civile
  • sensibilizzare l’opinione pubblica intorno ai temi del dialogo e dell’accoglienza
  • sollecitare le istituzioni e i responsabili dell’accoglienza migranti

Strumenti

  • Creazione di occasioni di incontro, conoscenza e amicizia tra persone italiane e persone straniere
  • Approfondimenti di aspetti culturali e sociali
  • Coinvolgimento di numerosi gruppi e istituzioni
  • Utilizzo di media partner di larga diffusione (La Stampa e RadioCity, emittente della diocesi ma ascoltata anche in Novara, Biella e province)

Frutti sul territorio

La festa dei popoli vercellese è stata riproposta, nella sua idea fondamentale, in molti comuni del circondario, dentro o fuori diocesi e provincia. Negli anni si sono inoltre consolidate e arricchite le relazioni e le collaborazioni tra la Caritas, le varie associazioni di volontariato e/o accoglienza presenti sul territorio, le istituzioni, anche grazie alla formazione di una sorta di tavolo – seppur non istituzionale – attivo nell’intero anno, sia per la preparazione della festa, sia per la proposta di interventi educativi e formativi.

Difficoltà e criticità

La criticità maggiore è legata al difficile coinvolgimento dell’intera chiesa locale, dalla mancanza di un Ufficio Migranti ma soprattutto da una ancora troppo debole sensibilità rispetto alle urgenze multiculturali. I dati più eloquenti sono l’esiguità numerica di rappresentanti della Chiesa nel tavolo organizzativo della festa e la scarsa partecipazione di fedeli alle iniziative.

Proposte

Curare maggiormente, a vari livelli, la formazione dei laici intorno alle problematiche – ma anche alle risorse – legate alla presenza sempre più numerosa e qualificata di stranieri nelle comunità di appartenenza. Incentivare gli scambi e le comunicazioni tra i vari uffici diocesani in merito alla festa dei popoli.

Riflessioni conclusive e prospettive

Tra le prospettive, l’avvio di un centro permanente di studi e solidarietà effettiva ai migranti (potrebbe essere un Ufficio Migranti a carattere meramente ecclesiale, o un centro misto, con componenti anche civili, in linea con il lavoro di rete e collaborazione già avviato).

Inoltre, si potrebbe pensare a progetti educativi e formativi, nella Chiesa e nella scuola.

Un altro ambito ancora tutto da esplorare è quello del dialogo ecumenico e interreligioso: la presenza di numerosi fratelli di fede e cultura differente richiama l’opportunità, ma anche la necessità, di approfonditi spazi di riflessione e di dialogo. Tali sviluppi teorici e formativi pensiamo possano godere di grande vantaggio dalle occasioni informali di conoscenza e amicizia da cui vengono generati. In questo senso l’approccio è particolarmente significativo: dalla conoscenza personale, da rapporti di fiducia (creati negli anni attraverso appunto la Festa dei popoli), a dialoghi e approfondimenti sulle questioni esistenziali, sui nodi culturali, sulle ragioni della fede.

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